08/09/2013

LA SCUOLA COME PUÒ ESSERE

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C'e molto malessere nella scuola di oggi: insegnanti frustrati, burocrazia pervasiva, genitori sempre sul piede di guerra, ragazzi spesso trattati come l'ultimo dei problemi. I mezzi di informazione dimostrano peraltro un certo accanimento nel dipingere il sistema scolastico italiano peggio di quello che è. Per uscire da questa stagnazione bisogna guardare a modelli educativi capaci di scardinare le consuetudini, «di rompere», come sostiene Eraldo Affinati, «la finzione pedagogica: far finta di spiegare, far finta di ascoltare». Per far tornare la scuola un luogo di crescita e di conoscenza dialettica, occorre assumersi la responsabilità dello sguardo altrui, nella consapevolezza che «il peggiore degli studenti compie sempre un passo in avanti rispetto alla situazione da cui proviene». A discutere con l'autore di "L'elogio del ripetente" sono l'italianista Carlo Ossola, autore di diversi manuali per l'insegnamento dell'italiano nelle scuole, e il giornalista Stas' Gawronski.

L'evento 231 ha subito variazioni rispetto a quanto riportato sul programma.

Originariamente il suo svolgimento era previsto presso il Palazzo D'Arco.
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Italiano
Due mondi apparentemente lontani, quello di Eraldo Affinati, insegnante e fondatore della "Città dei ragazzi" di Roma, e quello di Carlo Ossola, insegnante e accademico dei Lincei, si incontrano, insieme al giornalista Stas' Gawronski per parlare della scuola: non quella che il pubblico vive tutti i giorni dal punto di vista dell'insegnante, dello studente o del genitore, ma la scuola come dovrebbe e potrebbe essere. Lo spunto è l'ultimo libro di Affinati "Elogio del ripetente", elogio di quello studente che «in classe non ascolta, gioca con il cellulare, entra alla seconda ora dicendo di essersi alzato tardi; quello che non ha i libri, non studia, non partecipa ed è sempre in bagno»; questo studente è l'emblema della scuola di oggi, ma anche dell'Italia di oggi. Proprio per questo il ruolo presociale e pregiuridico dell'insegnante diventa ogni giorno sempre più difficile, perché «ben presto i problemi del ripetente diventano anche i suoi» e stare in classe significa anche per il professore fare i conti con sé stesso. «Fare l'insegnante oggi è un lavoro complesso non solo per la situazione tragica della scuola italiana» approfondisce Ossola «ma perché ci si trova sempre a doversi confrontare con la parte più complessa e allo stesso tempo meno tutelata della società, i giovani, che allo stesso tempo sono inevitabilmente rappresentanti del nostro futuro». Quello di Affinati, però, non è un libro solo per insegnanti, è un libro che tutti dovrebbero leggere perché parla di relazioni, dell'importanza di mettersi in gioco, anche quando significa dover ripercorrere il proprio passato («Nei miei studenti io rivivo la vacuità della mia adolescenza, salvata dall'incontro con la letteratura» ci confessa Affinati) e soprattutto ci ricorda che anche il più forte ha bisogno del più debole. Ecco perché il ripetente come protagonista: perché nei ragazzi difficili c'è una motivazione nascosta, una forza celata che affiora e si risveglia nel momento più inaspettato, al di fuori del sistema scolastico giudicante. A chi si domanda dove si collochi la 'normalità' in questo discorso Ossola risponde: «Noi non abbiamo il dovere della mediocrità, abbiamo il dovere di garantire il principio individuationis; la società non serve a nulla se non c'è la salvezza di ogni singolo individuo». Il segreto? Rompere la 'finzione pedagogica', applicare il principio proposto già negli anni '60 da Don Milani dell' «essere amici ed essere maestri» delle nuove generazioni.

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