06/09/2007

CHISCIOTTE E GLI INVINCIBILI


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Alonso Chisciano, in arte Chisciotte, intorno alla cinquantina si mette per strada con la missione di contrastare ingiustizie, riparare torti. È finita da tempo l'epoca della cavalleria errante, ma lui non si arrende all'evidenza d'essere arrivato ultimo e a tempo scaduto. Da un testo inedito di Erri De Luca nasce "Chisciotte e gli invincibili", dedicato a tutti coloro che non si arrendono e che non smettono mai di combattere.
 disegno luci: Andrea Velato; coordinamento scenico: Paola Farinetti.

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Italiano
Al Festivaletteratura va in scena il grande teatro, lo stesso che Bertold Brecht si augurava sempre di 'aver costruito' alla fine di ogni piéce. Un teatro di parole e musica, di evocazioni; un teatro che parlasse del mondo con la stessa spietatezza di uno specchio; un teatro che si perpetuasse come un'eco anche al di fuori del palcoscenico, continuando, così, a vivere all'interno dello spettatore e insinuandosi nelle sue opinioni, nei pensieri più profondi. Il respiro del pubblico rimane sospeso già da quando la luce turchese dello sfondo abbraccia la sagoma da 'osteria' di un tavolaccio con quattro sedie, e un'insolita compagnia di attori, tra un bicchiere di vino e l'altro, inizia a raccontare una storia che ha più di quattrocento anni. Chisciotte della Mancia, l'ultimo dei cavalieri erranti, lotta contro le ingiustizie del mondo a cavallo di un ronzino, smettendo di essere soltanto uno spettatore e improvvisando la sua personale e 'sgangherata' resistenza al quotidiano. Dopo Chisciotte, un esercito di persone 'storte' ha continuato a camminare e a cantare la stessa canzone, inciampando tante volte e altrettante rialzandosi. Instancabili. Insanabili. Invincibili. I migratori assetati di una vita migliore, la 'meglio gioventù' costretta alla guerra, gli intellettuali fedeli, le donne innamorate, i 'cacagliatori', le prostitute di De Andrè, i suicidi, i 'rinchiusi'. E ancora, i poeti, Gino Strada e gli abitanti della Val di Susa: uomini e donne che hanno giocato pulito col mondo, guardandolo dal basso. C'è anche lui, De Luca, tra i suoi invincibili: la vita trascorsa nelle strade sgarrupate di una Napoli crivellata dalla guerra, la fuga, il lavoro da operaio, la fede cercata come rimedio alla disperazione, la solitudine, la sfida, la scrittura. Erri De Luca e il suo universo 'diverso'. Sul palco c'è anche una sedia vuota. Chiunque è libero di pensare di potersi sedere. Credo che saremmo stati in molti, a volerlo fare. Uno spettacolo intimo e raffinato, che alla significativa scelta dei testi, da Hikmet a Ungaretti, unisce una pregevole dimensione musicale, grazie alla presenza del maestro Gianmaria 'Trinità' Testa e di Gabriele Mirabassi. Uno spettacolo denso, elettrico, curato in ogni più piccola sfumatura, dai silenzi alle pause, dai chiaroscuri ai movimenti scenici misurati. Uno spettacolo che alterna gravità e leggerezza. Nessuna sorpresa quindi se, a sipario sceso, ci si scopre a ridere, mentre il nostro cuore piange. Le luci si riaccendono. Il pubblico tira giù il respiro. E applaude. Applaude. Applaude.

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