10/09/2011

ECRITURE INFINIE. Un'installazione partecipativa che celebra il rito di passaggio tra scrittura a mano e scrittura digitale

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Un taccuino gigantesco fatto di pagine bianche e silenziose. Un grande scrittoio, un cuscino di raso rosso, un lume, una penna. Le persone del pubblico si siedono, una ad una, e scrivono, come se fossero le ultime parole scritte a mano. Il focus non è sulle parole, ma sul gesto, calmo e solenne, dello scorrere della penna, che diventa un video e riverbera su web. Sullo sfondo, un'invenzione: la scrittura, 3500 anni di età, ora proiettata verso nuove ibridazioni tra analogico e digitale. "Ecriture Infinie" è un progetto partito nel 2006 dal Mori Art Museum di Tokyo. L'artista Bili Bidjocka e il curatore Simon Njami raccontano la storia e le idee dietro al progetto.

"Ecriture infinie" è un progetto in collaborazione con lettera27.
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In una nicchia della Chiesa di Santa Maria della Vittoria c'è un libro più grande del normale, adagiato su un elegante leggio, con delle pagine bianche. È una grande "Moleskine" ad essere precisi, una versione extra-large del più celebre taccuino del mondo. Pagine bianche dicevamo, sulle quali ognuno di noi, che passa per la bellissima e piccola chiesa del '400, può lasciare un pensiero, una parola, un segno; quello che c'è di sorprendente è che si chiede al passante che desidera scrivere di farlo con un approccio mentale apparentemente angosciante: scrivere immaginando di lasciare con la mano l'ultimo messaggio della propria vita. "Ecriture infinie" è tutto ciò, un progetto artistico di ampio respiro ideato dall'artista camerunense Bili Bidjocka e curato da Simon Njami. Bidjocka è un pittore che ad un certo punto del proprio percorso ha compreso di non essere più capace di dipingere e di dover cercare un'altra strada espressiva. La pittura figurativa era diventata per lui sterile, inadatta a raccontare la sua visione della vita e così ha pensato che per penetrare il mistero del mondo la scrittura, il gesto umano più potente, sarebbe potuta diventare la strada giusta da intraprendere. Bidjocka ha costruito grandi libri vuoti di parole (a Mantova è presente l'ottavo, creato con il supporto di Moleskine), esposti in varie parti del mondo e lasciati riempire alla gente, progettando, a libro terminato, di seppellirli in stile capsula del tempo per lasciare ai posteri i nostri messaggi scritti; segni che risulteranno ovviamente del tutto indecifrabili tra migliaia di anni. È abbastanza scontato predire che la scrittura a mano morirà, idea condivisa anche da Bili e Simon. Il progetto "Ecriture infinie" è soprattutto un modo per rendere omaggio sia al primo uomo che migliaia di anni fa incise la prima parola su pietra, sia al ragazzo che nel mondo del digitale scrive ancora un appunto a mano sul proprio quaderno. «Un bambino che non sa più scrivere a mano ma solo su una tastiera, per me è un'angoscia esistenziale» afferma Bili Bidjocka. La sua opera d'arte è rivolta verso l'infinito, «quando scriviamo a mano ci fermiamo sempre quell'attimo in più - ci dice l'artista africano - perché nel nostro inconscio sappiamo che questo gesto ha una minima possibilità di sopravvivere per l'eternità».

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