07/09/2013

UOMINI E DONNE CHE NON SI ARRENDONO MAI

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Dal Kenya alla Colombia, da Haiti al Bangladesh, gli operatori di Medici Senza Frontiere accolgono rifugiati, salvano alluvionati, intervengono in zone di crisi. Le loro testimonianze ("Noi non restiamo a guardare"), portate al Festival da Stefano Zannini, sono anche un nuovo stimolo per una scrittrice impegnata come Dacia Maraini.
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In seguito alla pubblicazione del libro "Noi non stiamo a guardare", che contiene le testimonianze di alcuni operatori di Medici Senza Frontiere, si sono incontrati oggi Dacia Maraini, autrice della prefazione del libro, e Stefano Zannini, operatore che lavora con MSF dal 2006 e ha partecipato a diverse operazioni, come ad esempio in Chad, Colombia, Haiti, Panama e Sudan del sud. 
Il libro è stato una tappa importante per l'associazione, per dare voce e testimonianza a chi si trova ad affrontare situazioni complesse e difficili, trasmettendo ai lettori e all'opinione pubblica i sentimenti e le emozioni di chi si trova a lavorare sul campo e fornendo una prospettiva diversa dai comunicati 'standard' che, contenendo cifre e statistiche, risultano spesso freddi e anonimi.
 Stefano ci spiega che la scrittura è molto importante per gli operatori che si trovano nelle situazioni di emergenza, visto che in genere scrivono agli amici, ai familiari e, talvolta, anche a se stessi. L'importanza è data dalla necessità di rassicurare i familiari, di spiegare agli amici e all'opinione pubblica cosa stia accadendo davvero nel posto in cui si trovano e anche di registrare quello che stanno vivendo per se stessi, perché a volte hanno la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di surreale. Grazie alle esperienze che si trovano ad affrontare e alla loro rielaborazione tramite la parola scritta, riescono a conoscere meglio sé stessi e questo per Stefano è un grande arricchimento personale. 
Dacia Maraini d'altro canto sostiene che dobbiamo ringraziare gli operatori di MSF perché ci ricordano che in Italia, visto che noi italiani spesso pensiamo a noi stessi come al peggio, ci sono invece giovani uomini e donne che vanno a portare il proprio aiuto e la propria competenza in luoghi che ragionevolmente possono fare paura. La lettura del libro è un modo per noi fruitori di accedere al punto di vista di chi è sul campo e di provare a capire quale sia la loro vita quotidiana, di come talvolta debbano usare la loro inventiva per sopperire alla mancanza di strumenti o condizioni che noi diamo per scontate. 
In queste occasioni emerge l'ingegno straordinario dei nostri connazionali all'estero, per cui veniamo apprezzati e stimati. Dacia afferma che le fanno venire in mente San Francesco perché cercano di arrivare a curare tutti, indipendentemente dall'appartenenza alle fazioni in lotta, rischiando talvolta di sollevare i malumori di qualcuno. Ricorda anche che questa dote di alcuni italiani di andare per il mondo a portare aiuto non è recente, ma risale almeno al '200, rimanendo comunque poco conosciuta perché se ne parla poco. Troppo poco. Perché il lavoro di queste persone aiuta tutti noi ad essere un popolo migliore, per cui dovremmo riconoscere maggiormente i loro sforzi ed aiutarli di più. 
Dacia chiede poi se la crisi finanziaria abbia avuto ripercussioni sul lavoro di MSF e se abbiano avuto occasioni di frizione con altre organizzazioni umanitarie.
 Stefano ci spiega che nonostante la crisi sono riusciti a continuare i progetti in essere e ad arrivare in prima linea in caso di nuove emergenze. Gli operatori di MSF cercano sempre di lavorare in accordo con il sistema sanitario nazionale dei Paesi in cui si recano e di non creare frizioni con le organizzazioni esistenti. Il lavoro può variare molto a seconda del grado di sviluppo del sistema sanitario stesso: delle volte bisogna sopperire alla sua assenza, se pur parziale, con degli interventi più prettamente medici, delle altre il lavoro consiste primariamente nell'organizzare in un modo più efficiente un sistema già funzionante. Certo, a volte possono nascere delle difficoltà, specie quando si trovano a lavorare con tribù o indigeni che per la loro cultura hanno un modo di intendere la medicina totalmente diverso dal nostro, oppure quando bisogna condurre delle trattative con le forze armate o con i ribelli in situazioni di guerra o guerriglia.
 Grazie alle numerose domande dal pubblico apprendiamo che il finanziamento delle operazioni di MSF proviene per l'80% da donazioni private, con un bacino di 4 milioni di donatori, e di come questo sia importante perché dà la possibilità di poter scegliere autonomamente la linea di intervento, sia per quanto riguarda le modalità che le destinazioni.
 
Stefano racconta poi del ritorno in Italia e alla normalità. 
Ancora per quanto riguarda l'Italia, apprendiamo che MSF ha compiuto delle operazioni anche su suolo italiano, come ad esempio per l'emergenza dei profughi a Lampedusa e la conduzione di progetti a Roma e Milano. In particolare in questo momento stanno avviando un'operazione in Lombardia per i sudamericani colpiti dalla malattia di Chagas. 
Inoltre svolgono un'attività di pressione verso lo Stato constante e fondamentale. 
Alla domanda di una ragazza, che chiede se sia possibile per un singolo volontario aiutare a mettere in piedi un progetto con dei periodi di tempo all'estero limitati, Stefano risponde che quando cominci a fare l'operatore deve esserti chiaro da subito che non sarai tu solo, a salvare il mondo, ma che tanti contributi come il tuo possono fare la differenza.
 Ed è questo che ci piace sottolineare a conclusione dell'articolo: ognuno di noi non potrà forse cambiare il mondo da solo, ma è responsabile delle proprie scelte e delle proprie azioni e può decidere che in fondo, in qualche modo, può provare a 'fare la differenza'.

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