06/09/2014 - Ascolto il tuo cuore, città

UNA CITTÀ A MISURA DI MONDO

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Gli scritti di Elif Shafak scaturiscono da diverse culture e tradizioni letterarie: ogni sua opera è segnata tanto dalla storia, dalla filosofia e dall'architettura quanto dal misticismo orientale, dal sufismo e dalla cultura orale. Autrice poliedrica e colta polemista, in romanzi come La bastarda di Istanbul e il recente La città ai confini del cielo, la scrittrice turca è riuscita a creare situazioni e personaggi indimenticabili, raccontandoli a partire da quell'osservatorio privilegiato che è la città di Istanbul, antico crocevia di genti e sinonimo stesso del rapporto tra Oriente e Occidente. La incontra la giornalista Chicca Gagliardo.
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È un pubblico numeroso quello che al Palazzo di San Sebastiano accoglie la scrittrice turca Elif Shafak, per la prima volta a Mantova in occasione della diciottesima edizione di Festivaletteratura. Sarà perché è una pensatrice colta e raffinata, sarà perché «è una scrittrice in grado di incantare i lettori», come dice l'intervistatrice Chicca Gagliardo. Presentando il suo ultimo romanzo "La città ai confini del cielo" (in Italia edito da Rizzoli), l'autrice racconta il suo rapporto con la scrittura: dice di non essere sempre conscia del luogo da cui provengono le sue storie; il suo è un percorso irrazionale in cui sono la lingua e le vicende dei personaggi ad avere la meglio. «Scrivere è un atto solitario, come diceva Walter Benjamin - spiega - ma io mentre scrivo mi interesso agli altri, anzi voglio diventare l'altro, cosa che non posso fare nella vita quotidiana. Scrivere, è un atto di trascendimento, di apertura verso l'esterno, verso vite che stanno al di fuori di noi». Lo stesso potere, secondo Elif Shafak, è attribuibile anche alla lettura, perché anche le persone più cocciute aprono la propria mente di fronte alla forza di una storia. Una massima per cui la scrittrice è famosa, infatti, è «la lettura è un buon antidoto contro l'egocentrismo», ricorda la Gagliardo.  Interpellata dalla sua intervistatrice e dal pubblico, l'autrice, si pronuncia anche sulla condizione della donna in Turchia, ricordando che la questione del femminismo mancato e della scarsa coscienza di genere è un problema tanto orientale quanto occidentale. «In Turchia le donne sono affermate in ogni settore, tranne nella politica. Il problema è che stiamo perdendo l'energia femminile e cedendo il passo a un eccessivo machismo: sono gli uomini a decidere ciò che possiamo e non possiamo fare in ambito di diritti civili. Il patriarcato è un problema universale che rende infelici non solo le donne, ma anche gli uomini» afferma. Per combatterlo si appella direttamente alla solidarietà umana, soprattutto a quella fra donne che, come lei stessa racconta, ha salvato la sua famiglia: sua madre, donna nubile con una figlia, tornata in Turchia dopo alcuni anni all'estero, secondo l'opinione pubblica degli anni Settanta avrebbe dovuto sposare il primo partito disponibile pur di salvare la sua reputazione. «Fu mia nonna, una donna tradizionalista e per certi versi molto bigotta - racconta la scrittrice - a capire cosa fosse meglio per mia madre, a spingerla a riprendere gli studi e soprattutto a insistere perché si sposasse per amore e non per interesse». Solidarietà umana che avrebbe un buon punto di partenza nel dialogo costruttivo fra Oriente e Occidente. Questo è un problema che l'autrice affronta nel suo ultimo romanzo, un romanzo «ambientato nel passato per riflettere sul presente»: il contesto storico è quello dell'Impero Ottomano nel XVI secolo, momento in cui il cosmopolitismo e l'apertura tipici di questo grande dominio iniziano a lasciare spazio a un'interpretazione sempre più reazionaria dell'Islam. Un esempio, quindi, di come il nostro mondo sia sempre stato interconnesso, «anche se noi abbiamo iniziato a percepirlo nuovamente solo dopo l'11 settembre, quando il dolore individuale è tornato ad essere un dolore collettivo», dice la scrittrice. Per affermare nuovamente questa connessione oltre alla solidarietà, occorre coltivare forze universali quali la femminilità, il cosmopolitismo, ma anche il misticismo, che dà grande importanza all'individuo. «Io credo nella forza dell'individualità, non nell'individualismo» conclude Elif Shakaf, fra gli applausi del pubblico.

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