08/09/2005

L'AFRICA DEGLI ITALIANI


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Il nostro paese non ha mai fatto una seria opera di autocoscienza riguardo al proprio passato colonialista. Tanto nel periodo della liberaldemocrazia che durante i vent'anni del regime fascista, il comportamento dell'Italia nelle sue colonie di dominio diretto non fu dissimile da quello delle altre potenze coloniali, impiegando i metodi più brutali sia nelle campagne di conquista che nel periodo successivo, stroncando ogni tentativo di ribellione. Il lavoro di ricerca di Angelo Del Boca ("Gli italiani in Africa Orientale"; "Gli italiani in Libia") ha contribuito in modo determinante a far luce su queste pagine volutamente dimenticate della nostra storia. Dialoga con lui lo scrittore Carlo Lucarelli.

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Italiano
Il far west italiano: questo erano le nostre colonie in Africa. Carlo Lucarelli incontra lo storico Angelo Del Boca al Museo Diocesano, per dialogare riguardo al nostro passato coloniale. Il lavoro di ricerca di Angelo Del Boca ha contribuito non poco a far luce sulle nostre colpe di occupanti: suoi sono "Gli italiani in Africa orientale", "Gli italiani in Libia" ed il recente "La nostra Africa". Il colonialismo è una storia rimossa da tutti, in Italia, in nome del vetusto mito che recita «italiani brava gente». La realtà parla diversamente: siamo stati i primi, in Etiopia, a utilizzare l'iprite, i gas asfissianti, per annientare gli avversari. Abbiamo scimmiottato gli inglesi, ovviamente senza il loro stile e la loro organizzazione. L'idea, nella pratica, era quella di sterminare gli Abissini, per poterne prendere il posto. La domanda che pone Lucarelli è semplice, ma drammatica: «In fondo, che cosa ci siamo andati a fare?». Già, perché alla fine noi abbiamo sempre guardato all'Africa come ad una cosa esotica, ma nostra: come in un torbido rapporto d'amore-odio. Il simbolo può allora essere quello di Massahaua, città immaginifica dalla doppia definizione. C'è chi la vive come «l'inferno dei vivi», a causa del clima insopportabile; e chi la vede come «la perla del Mar Rosso», per la sua suggestiva e selvaggia bellezza.

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