06/09/2002
ZONE DELLA NARRAZIONE, ZONE DEL SOCIALE
2002_09_06_063
Daniele Del Giudice sin dai suoi primi romanzi ha introdotto linguaggi 'impropri' nel racconto del presente. Da qui la sua attenzione per le narrazioni contenute in scritture che non si ripropongono un fine letterario, ma che si sono aperte una nuova strada nella rappresentazione del sociale. Le sentenze di processi che hanno diviso l'opinione pubblica, lo studio di gesti e comportamenti delle comunità metropolitane non solo ci riportano, forse più del romanzo contemporaneo, alle questioni nodali che interessano la nostra civiltà, ma lo fanno attraverso il racconto, scompaginando e rifondando differenze di generi e di lingue. Del Giudice ne parla con Severino Cesari.
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Italiano
Emozionato e sorpreso per la platea gremita, Daniele Del Giudice esordisce con una precisazione: «Sono qui per parlare di quello che fanno gli altri: della quantità di narrazione contenuta nei saggi di oggi». Confrontando le proprie opere, che spesso traggono spunto da fatti realmente accaduti come la strage di Ustica, con quelle di sociologi, che non esitano a parlare di parchi di divertimento e discoteche per descrivere i cambiamenti sociali avvenuti in certe zone d'Italia, Del Giudice osserva come il romanzo abbia sempre più messo mano al sociale, mentre la saggistica, a sua volta, si sia dedicata al racconto. Il romanziere invita tutti i presenti a leggere più saggistica, genere letterario a suo parere maturato nel corso degli anni, non più ideologico, che cammina nel territorio sociale rivelandone il cambiamento.