06/09/2002
DEIDDA INTERPRETA PESSOA
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Sostiene Fernando Pessoa «Ho sempre rifiutato di essere compreso/ Essere compreso significa prostituirsi/ Preferisco essere preso seriamente, per quello che non sono». La stessa cosa sostiene Mariano Deidda, cantautore innamorato del Portogallo e di Pessoa, tanto da interpretarne in canto i versi. Il rigore si traduce in una musica priva di romanticherie, essenziale, in grado di far risaltare il nitore morale della parola.
Mariano Deidda: voce; Nino La Piana: pianoforte; Danilo Pala: sax contralto; Yves Rossignol: contrabbasso; Ines Hrelja: violoncello; Davide Pecetto: fisarmonica.
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Italiano
Violoncello nudo inizia il breve canto, disturbato subito dal piano intrusivo e dal contrabbasso. Voce d'uomo: è Pessoa che si fa Deidda. Le parole sono sostanza malinconica, triste addio d'amore: «Ciao. Mi vado a buttare a testa in giù... per riposare lo spirito». Parole, graziosa materia sonora. "Mio piccolo bebè" sembra una ninna nanna, una nenia antica come le favole d'un tempo. Pessoa è delicatezza e ironia: «Mi conosco come una sinfonia», dice, e immediatamente il sax risponde acuto e vivace, sdrammatizzando. Poi riprende il lamento in musica: la poesia è un secchio d'acqua che si riversa su di noi, in platea. Il poeta si racconta con un linguaggio scarno e purificato. È un viandante che segue un tracciato sperimentale e involontario come la vita, che è paradosso, volontà e casualità al contempo. Dice di fingere i sentimenti che realmente prova... ma com'è possibile? Soltanto nel sogno della parola sulla carta, infatti. E da nessun'altra parte.