04/09/2003

FABBRICA


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di e con Ascanio Celestini "Fabbrica", attraverso una lunga lettera indirizzata alla madre, è la storia di un capoforno. Tramite le sue vicende, quelle di suo padre e di suo nonno, ci vengono restituiti cinquant'anni di storia italiana. Nella raffica di parole di Celestini ritroviamo con il sorriso e con qualche amarezza la memoria di un passato che ci accompagna nel presente, quello delle fabbriche in dismissione e della ricerca di nuove identità.

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Italiano
Una bellissima donna con tre seni, ombre che parlano, peri selvatici, amanti fatti sparire in un pozzo, ma anche forni al mercurio, licenziamenti, padroni avidi, operai mutilati o feriti dalla polizia: è questo l'immaginario di quella «oralità della fabbrica» che Ascanio Celestini intende costruire col suo spettacolo teatrale intitolato appunto "Fabbrica", presentato alla sera, dopo che nel pomeriggio, in strada, si erano svolti reading intimi e suggestivi. Lo spettacolo è il frutto di due anni di registrazioni di voci e racconti di operai e contadini dagli anni '40 ai '60 - alcuni brani sono persino proposti nudi e crudi sulla scena. Il materiale, che aveva già prodotto uno spettacolo nel 2002 e un programma radiofonico, è una preziosa testimonianza dell'orgoglio di appartenere al mondo della fabbrica, e di un periodo di crisi e conflitti. Il teatro di Celestini non è solo un momento di denuncia, è un lavoro sulla memoria, strumento più efficace dei dati e dei numeri degli storiografi per far «capire più il presente che il passato»; è inoltre un lavoro magistrale sul linguaggio e sulla narrazione. Celestini è solo sul palcoscenico, la scenografia è spoglia e stilizzata, la comunicazione tra scrittore e lettore si fa voce pura, e il pubblico che ha gremito piazza L. B. Alberti (tra cui il comico Paolo Rossi) ha dimostrato, con calorosi applausi, di apprezzarlo.

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