06/09/2003

L'INSEGNANTE E LO SCRITTORE: GLI ETERNI APPRENDISTI


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«Il compito del professore è timonare la barchetta di carta e dare fiducia all'equipaggio. Può sembrare un'impresa disperata, ma è anche tanto bella». Marco Lodoli, scrittore e poeta, nonché insegnante in un istituto superiore, nel suo ultimo "Professori e altri professori" esplora l'imprevedibile rapporto tra docente e discente, riuscendo ad azzerare tutti i luoghi comuni in materia. Dialoga con lui il giornalista Enrico Regazzoni.

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Questo è un atto di gratitudine verso una persona che mi ha indicato una stradina da percorrere, perché la meta è un'intima verità e la sua casa è il nostro cuore. Dico persona, e non scrittore e insegnante, perché non sono i ruoli che lo definiscono, né il suo lavoro solitario di poeta e narratore, palombaro nel fondo di una ferita indecifrabile: quella che nasce quando ci si pone le domande primarie dell'esistenza, che ci mettono al centro di uragano emozionale, se troviamo il coraggio di accoglierle. Abbraccia quotidianamente i suoi alunni, di cui non si sente affatto modello quanto compagno di avventura, immerso in un'adolescenza che non è uno sterile dato anagrafico, bensì visione emotiva del nostro stare al mondo, un'eterna meraviglia verso tutto ciò che gli occhi e i pensieri ci regalano, ossigeno per il nostro stupore. L'adolescenza è una sete di assoluto, che arretra il deserto del nostro sentire. Quello che Marco Lodoli cerca incessantemente di trasmettere ai suoi allievi, e grazie a loro anche a se stesso, è la purezza dello sguardo, un'attenzione estrema per ciò che ci circonda; è la capacità di lasciare le maschere nel baule dell'ipocrisia, per non lasciarci allontanare dal nostro nucleo originario. Dovremmo tutti avere il coraggio di non chiuderci in un ruolo, di essere degli zeri, come insegna lo "Jacob von Gunten" di Robert Walser, romanzo fondamentale che ognuno dovrebbe leggere. Lo zero non è un'apatica nullità, ma la condizione in cui attende il nostro cuore: è la solitudine e l'angoscia, anche la noia, la paura e la voglia di crescere e cambiare. Perché dentro abbiamo tutti un mondo da proteggere e coltivare, mentre una forza oscura incessantemente lavora, trascinandoci verso un giardino sconosciuto, affinché ognuno possa cogliere il fiore che aspetta solo noi, da sempre, se solo abbiamo il coraggio di cercarlo e di curarlo, amorosamente.

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