09/09/2004
Mark Haddon con Irene Bignardi
2004_09_09_029
«La sua è una scrittura seria eppure divertente, che possiede il raro dono dell'empatia»: caso editoriale del 2003 con "Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte", Mark Haddon è riuscito in un'impresa davvero rara: mettere d'accordo piccoli e grandi lettori con un romanzo che coinvolge allo stesso modo adolescenti e adulti. Lo intervista la giornalista e scrittrice Irene Bignardi.
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Nel camerino di un negozio il protagonista si ritrova a pensare all'amico appena morto, ai diversi modi per togliersi la vita e di colpo è accusato di furto; e questo è solo l'inizio. Forbici e sangue, primo capitolo, risuona morbido e divertito nelle parole dell'autore, Mark Haddon, e apre un incontro fra i più attesi del Festival. Oltre a questo incipit, purtroppo o per fortuna, l'autore non rivela altro del secondo romanzo tranne che «it's a very very black comedy». Si sofferma invece più che volentieri sul precedente, "Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte", di cui illustra con ironia genesi e sviluppi. Un'ironia che cede al posto ad una serietà quasi grave nel momento in cui qualcuno fra il pubblico lo accusa di trattare con eccessiva leggerezza il tema della disabilità: per Haddon, che ammalia con un inglese chiaro e pulito, è importante sdrammatizzare, non certo sminuire. Non a caso, di Christopher, il bambino autistico al centro della vicenda, non ne viene mai sottolineata la diversità. Essere disabile, in fondo, non è che «una frazione minima di una persona, come essere postino, amare la musica o scalare montagne».