07/09/2006

DA TROIA A BAGHDAD. Come e perché si racconta la guerra?


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La civiltà occidentale non si origina da un testo sacro ma da un'epopea guerriera: l'"Iliade" di Omero. E dall'antichità a oggi la guerra non ha mai smesso di essere la materia narrativa per eccellenza. L'unico soggetto a contenderle il primato nella nostra mitopoiesi è, apparentemente, il suo opposto: l'amore. Anche noi, uomini tutto sommato pacifici, quando raccontiamo o ci appassioniamo a una storia, ci rivolgiamo quasi sempre a una storia d'amore o a una storia di guerra. Ma come è cambiata la narrazione dei conflitti bellici dai tempi di Omero a quelli della CNN? Come si è trasformata la figura dell'eroe nell'era delle guerre post-eroiche? E, soprattutto, perché non cessiamo di raccontarci storie di guerra?



L'imbarco è previsto dal pontile di fronte al Castello di S. Giorgio. L'incontro si svolgerà durante il viaggio verso Governolo, dove è prevista una visita all'antica conca di navigazione. Al ritorno, buffet in nave e rientro a Mantova alle ore 20.30.

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Italiano
«La guerra nel racconto epico è esperienza visuale, nel romanzo moderno è confusa ed oscura, nell'era televisiva è rappresentazione». Con questa frase può essere sintetizzato l'evento che ha visto protagonista Antonio Scurati. Il racconto epico per eccellenza è l'"Iliade". Nel III canto Priamo invita sugli spalti Elena affinché riconosca i capi Achei ad uno ad uno: è la 'teicoscopia', la visione del mondo dall'alto delle mura. La rappresentazione del mondo secondo l'epica vuole che per combattere i guerrieri debbano essere posti uno per uno in piena luce davanti al lettore: è la priorità del senso della vista. L'eroe è colui che combatte per brillare innanzi ai posteri, combatte per il 'Kleos', la gloria scintillante. A questo modo di vedere la guerra corrisponde un modo di farla, la 'monomachia', cioè il duello che decreta la vittoria di uno dei due campioni. In occidente la guerra continua ad essere rappresentata secondo i canoni omerici fino al momento in cui il romanzo soppianta il racconto epico. Paradigmatico è il romanzo "La Certosa di Parma". Fabrizio, il giovane protagonista offre tutto il suo entusiasmo guerriero a Napoleone. Avrà però una cocente delusione: a Waterloo tutto è oscuro e confuso, la vista è sovrastata dagli altri sensi. È l'anticipazione dell'inferno delle trincee della Prima Guerra Mondiale in cui un individuo minuscolo sente come inadatto il suo apparato sensoriale. La terza epoca dopo quella della guerra omerica visuale e quella della guerra caotica ed oscura è quella odierna: la guerra rappresentata. La televisione tenta di riproporre una versione omerica della guerra, ma in realtà ne è solo una distorsione ingannevole. Tutti ricordiamo la prima guerra del Golfo: la notte del 17 gennaio 1991 il cielo di Bagdad era illuminato da scie splendenti e da esplosioni. Il cronista della CNN Peter Arnett, come Elena trenta secoli, prima dall'alto di una torre vede e narra lo spettacolo della distruzione, ma Arnett al contrario di Elena non scorge e riconosce i guerrieri ad uno ad uno, vede solo remoti bagliori nella notte. Il suo racconto è solo pieno di ricordi e sensazioni di guerre passate, ma a tutti noi ha fatto credere di vedere la vera guerra 'splendente'. Si stabilisce una proporzione inversa tra la spettacolarità della guerra e la sua visibilità: la televisione fa della guerra uno spettacolo mediatico, ma non la fa realmente vedere; è la vittoria della rappresentazione sulla realtà. Ma in questa rappresentazione si tenta di riproporre il tema omerico della guerra come duello con le sue due virtù: la guerra, luce che dissipa le oscure tenebre che ci minacciano, è essa stessa visibile; la guerra è risolutiva come un duello, un eroe vive, l'altro soccombe. Questo dicono i moderni leader, riferendosi ad Omero, per convincere i popoli, ma non è la verità, è l'inganno della comunicazione. Tutti ricordiamo cosa si è detto dopo l'invasione dell'Iraq: missione compiuta. In realtà la guerra non è ancora finita: è l'inganno della rappresentazione che prevarica e distorce la realtà.

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