05/09/2007
PAROLA E ASCOLTO
2007_09_05_004
«La Parola divina non la si deve conservare solo come una pietra preziosa da collocare in un reliquiario: essa è come un mare in cui si ci deve immergere, bagnare, avvolgere». Secondo Gianfranco Ravasi, insigne biblista e prefetto della Biblioteca Ambrosiana, solo con l'ascolto della Parola possiamo tornare a testimoniare la speranza. Ma il nostro è un tempo che non ascolta.
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Italiano
Il cortile del Palazzo di San Sebastiano ha registrato il tutto esaurito per la presentazione del libro "Parola e Ascolto" di Mons. Gianfranco Ravasi. Iniziato con un leggero ritardo, l'evento ha suscitato molto entusiasmo nel pubblico, che si è subito dimostrato partecipe. Molti i religiosi ed i sacerdoti presenti. L'insigne prelato ha introdotto il suo testo parlando della fondamentale relazione che intercorre tra parola, mezzo di forte potere creativo, e l'ascolto, esercizio complesso e sofisticato della pratica della comunicazione. Mons. Ravasi definisce la parola «un evento archetipico radicale», che ha la funzione di rompere efficacemente il silenzio del nulla. Dal "Prologo" del "Vangelo di Giovanni" al racconto della creazione secondo la religione indù, la parola genera l'essere e crea la mediazione tra il trascendente, Dio, ed il relativo, l'uomo. Lo scrittore si sofferma qualche minuto per definire i 'volti',apparentemente contrastanti, della parola, la quale, contemporaneamente, é realtà fragile e potente mezzo per la comprensione dell'inspiegabile e dell'infinito. Il discorso sull'ascolto è stato introdotto partendo da considerazioni sulla società contemporanea, che 'vede' di più e 'ascolta' di meno poichè avanza incontrollato il culto dell'immagine e della forma. Hanno lasciato davvero un segno nei presenti, tutti intenti a trascrivere e rileggere, i consigli dati da mons. Ravasi sull'arte del farsi ascoltare: avere qualcosa di concreto da dire, purificare il linguaggio, non prevaricare sull'altro e permettergli di intervenire. Magnifiche, nel corso dell'incontro, tutte le citazioni prese in prestito, dal cinema, dalla letteratura; d'effetto le frasi lette in lingua originale (es. in ebreo passi dell'"Antico Testamento"). La conclusione finale, una metafora sul duro lavoro dei poeti alla ricerca di comprensione da parte degli uomini, ha suscitato gli applausi del pubblico, che ha intrattenuto l'autore con domande e richieste di autografi per i libri appena acquistati.