04/09/2008

Paolo Villaggio


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Paolo Villaggio è uno scrittore da sempre. Lo stesso personaggio di Fantozzi, prima di diventare un successo cinematografico 'pazzesco', prende forma attraverso alcuni racconti usciti sulle pagine de "l'Espresso" e poi raccolti in volume. La comicità crudele, surreale, a volte spietata verso le piccolezze dell'italiano medio, e la rabbiosa passione per la libertà attraversano tutti i libri (l'ultimo è "Storia della libertà di pensiero"), i film, i lavori teatrali che lo vedono autore e protagonista. 

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Italiano
Una serie di episodi, di flash della sua vita, proprio come quelli dei suoi film. Questo è quello che ha raccontato Paolo Villaggio durante l'incontro con il pubblico di Festivaletteratura. Senza dimenticare che il comico genovese nella sua lunga carriera ha anche scritto ben 15 libri. Ora è solo «un vecchio rancoroso» che si aggira per salotti di «ladri e intellettuali» a Roma, ma rimane entusiasta della vita e del futuro dei giovani. Giovani che devono cercare di non perdere l'istinto proprio della loro età e di riscoprire la lettura dei grandi classici, Kafka su tutti. Le sue parole spaziano dalla mostarda mantovana al qualunquismo dilagante che è il frutto di quello che noi siamo, sempre pronti a qualsiasi compromesso. E ancora, la sua giovinezza con Fabrizio De Andrè, i mostruosi cineforum di sinistra degli anni '60, il livello tremendo della televisione italiana che spinge sempre più in basso la nostra cultura media. Tra frequenti visioni negative della realtà e slanci giovanilistici che lo portano all'ottimismo verso il futuro, Villaggio parla infine della libertà di pensiero: in Italia si sta molto bene rispetto ad altri stati già condizionati da anni di acculturamento forzato. Ma attenzione a non fare la stessa fine.

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