06.09.2008

RACCONTARE QUELLO CHE ACCADE

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«Langewiesche» ha scritto Roberto Saviano «è uno scrittore capace di mettere le mani nel budello della realtà. Polpastrelli nel sangue dei fatti, dita nella vescica del vero». William Langewiesche è uno degli ormai rari giornalisti che predilige l'inchiesta sul campo. I suoi reportage, come quelli sul traffico di armi atomiche ("Il bazar atomico") o sugli interventi di soccorso a New York l'11 settembre ("American Ground"), riescono a descrivere i fatti con la chiarezza di chi sa essere «un occhio affidabile» per il proprio lettore. Dialoga con Langewiesche il giornalista Enrico Franceschini.
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William Langewiesche è un giornalista che ha fede in una religione, quella dei fatti visti in prima persona. Mario Portanova, nel tentativo di delineare Langewiesche nel Palazzo di San Sebastiano, lo ha raccontato come l'unico giornalista al mondo ad aver assistito allo smaltimento delle macerie delle Torri gemelle di New York e come colui che successivamente ha vissuto per quattro anni in Iraq per descrivere quella che lui stesso definisce «una guerra assurda». Un'assurdità che nel suo libro Il bazar atomico riassume con un aneddoto: per uccidere 1 presunto terrorista l'esercito americano avrebbe sparato in Iraq un missile da 180mila dollari. Langewiesche specifica di non disapprovare l'uccisione dei civili da parte dei militari, ma è fermamente contrario alla politica che porta i militari ad andare a fare questo lavoro. Langewiesche si considera un giornalista non militante, uno scrittore dei fatti: diversamente da lui i giornalisti che lavorano per quotidiani e testate giornalistiche devono rispettare regole severe, dettate dal punto di vista dell'editore e sono obbligati a riportare anche le dichiarazioni di coloro che mentono: «Io sono in una situazione privilegiata - ha detto lo scrittore - perché se di balla spaziale si tratta, io scrivo che lo è per rispetto del lettore. Inoltre il mio lavoro consiste nel fare da occhio per i miei lettori, per questo vado in posti dove loro non possono andare». Uno degli errori più gravi per l'autore, è stato quello che ha commesso il New York Times dopo la caduta delle Torri gemelle, andando avanti per mesi con la pubblicazione dei necrologi dedicati alle 3000 vittime dell'attentato terroristico. Una dimostrazione di cattivo giornalismo, perché la testata secondo lo scrittore si sarebbe lasciata coinvolgere dall'emotività senza pensare che lo stesso spazio l'avrebbero dovuto meritare i morti civili della guerra in Iraq: «Che mi definiscano pure un uomo freddo e antipatriottico - mette in chiaro Langewiesche - ma hanno mancato di serietà, perché si piange in privato, non in pubblico».

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