09.09.2010
SI PUÒ ANCORA SALVARE LA CULTURA?
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Il quadro è allarmante. Il sistema di produzione e di trasmissione della cultura che abbiamo conosciuto fino a qualche anno fa sembra fortemente compromesso: le istituzioni scolastiche e universitarie hanno perso prestigio sociale e qualità formativa; nuove narrazioni, ibride ma dominate dalle immagini, hanno ormai superato il romanzo; il mondo editoriale è in preda al panico di fronte alla sempre più imminente affermazione delle versioni digitali di libri e giornali. C'è chi, esaltato, in tutto questo legge l'affermazione di una cultura più libera e partecipata; c'è chi al contrario vede avverarsi le profezie più cupe di perdita della libertà e di dispersione della tradizione. Dispersi in questo periglioso mare, Franco Brevini ("Un cerino nel buio") e Piero Dorfles ("Il ritorno del dinosauro") riflettono sulle future sorti della cultura.
Occorre ad ogni modo ripensare la politica nazionale nei confronti del sapere: pur non producendo denaro immediato, la cultura deve permettere alla società di ricostruire il meccanismo in cui si offre il ruolo a chi sa e non a chi vende. Il sapere trova linfa persino nel consumismo: più volte nel corso del suo intervento Brevini ha sottolineato che, di fronte ad ogni grande trasformazione culturale, si è diffusa tra gli ambienti intellettuali la sensazione di una sorta di fine del mondo. Occorre quindi rivoltare l'Apocalisse in un ottimistico attendismo.