10/09/2010
Vidiadhar S. Naipaul con Caterina Soffici
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La letteratura, secondo Vidiadhar S. Naipaul, è «l'unica nobile vocazione. È nobile in quanto ha a che fare con la verità, e io non posso tollerare un altro genere di scrittura che non sia pura letteratura». Nato a Trinidad da genitori indiani, Naipaul si è trasferito in Inghilterra a 18 anni e da allora si è dedicato pressoché esclusivamente alla scrittura narrativa e di viaggio. Il ritorno alle aree di tenebra dell'infanzia, il netto rifiuto delle proprie origini coloniali, il contrasto tra l'India sognata e l'India reale, il sentimento di estraneità e di noia sono alcuni dei temi che ricorrono nelle sue opere. L'ultimo suo libro è "Scrittori di uno scrittore". Premio Nobel per la Letteratura nel 2001, lo incontra la giornalista Caterina Soffici.
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Italiano
Vidiadhar S. Naipaul, premio Nobel per la letteratura nel 2001 e molto spesso al centro di polemiche per il suo stile «politicamente scorretto», era oggi nel Cortile della Cavallerizza, al Palazzo Ducale, intervistato dalla giornalista Caterina Soffici.
L'evento sembra cominciare in modo tranquillo, con l'elenco da parte dell'intervistatrice di alcuni degli appellativi (poco lodevoli) spesso attribuiti a Naipaul dai critici, seguito da una breve descrizione del suo ultimo libro, "La Maschera dell'Africa", che racconta della religiosità e della spiritualità di questo continente, anche in alcuni degli aspetti più cruenti e meno consoni alla sensibilità occidentale.
Ma qualcosa va storto: vuoi per problemi di comprensione interlinguistica, vuoi perché Naipaul avrebbe forse preferito evitare i riferimenti alle polemiche, l'autore si irrigidisce e inizia ad evitare di rispondere ad altre domande, sia relative all'Islam (tema di cui lui stesso è stato il primo ad occuparsi, molto prima dell'11 settembre), sia ad altre sue opere, sia alla scrittura in generale.
A nulla sono valsi i tentativi di smorzare gli animi da parte di Caterina Soffici, addirittura tacciata dall'autore stesso di avere vedute ristrette e pregiudizi verso di lui, e della moglie di Naipaul, che sale sul palco per spiegare con quanto amore e impegno il marito si dedichi alla letteratura. Il pubblico già rumoreggiava, interveniva, applaudiva o fischiava (a volte a sproposito). L'evento stava prendendo una piega piuttosto disordinata. E poco dopo, l'armonia si rompe definitivamente: Naipaul vuole interrompere l'intervista seduta stante, si alza e si fa accompagnare giù dal palco. Rimane per firmare gli autografi, ma ormai l'evento è interrotto, una nuova polemica con al centro il Nobel indiano è avviata.
I giornalisti si lanciano senza indugio a fare il loro lavoro, intervistare e registrare lo scoop; gli spettatori che non sono in fila per l'autografo si dividono in gruppi, commentano, discutono e criticano.
Non è stato il solito incontro del Festival, anzi, per fortuna è raro che si creino queste situazioni; ma come si suol dire, forse anche in questo caso è «il bello della diretta».
L'evento sembra cominciare in modo tranquillo, con l'elenco da parte dell'intervistatrice di alcuni degli appellativi (poco lodevoli) spesso attribuiti a Naipaul dai critici, seguito da una breve descrizione del suo ultimo libro, "La Maschera dell'Africa", che racconta della religiosità e della spiritualità di questo continente, anche in alcuni degli aspetti più cruenti e meno consoni alla sensibilità occidentale.
Ma qualcosa va storto: vuoi per problemi di comprensione interlinguistica, vuoi perché Naipaul avrebbe forse preferito evitare i riferimenti alle polemiche, l'autore si irrigidisce e inizia ad evitare di rispondere ad altre domande, sia relative all'Islam (tema di cui lui stesso è stato il primo ad occuparsi, molto prima dell'11 settembre), sia ad altre sue opere, sia alla scrittura in generale.
A nulla sono valsi i tentativi di smorzare gli animi da parte di Caterina Soffici, addirittura tacciata dall'autore stesso di avere vedute ristrette e pregiudizi verso di lui, e della moglie di Naipaul, che sale sul palco per spiegare con quanto amore e impegno il marito si dedichi alla letteratura. Il pubblico già rumoreggiava, interveniva, applaudiva o fischiava (a volte a sproposito). L'evento stava prendendo una piega piuttosto disordinata. E poco dopo, l'armonia si rompe definitivamente: Naipaul vuole interrompere l'intervista seduta stante, si alza e si fa accompagnare giù dal palco. Rimane per firmare gli autografi, ma ormai l'evento è interrotto, una nuova polemica con al centro il Nobel indiano è avviata.
I giornalisti si lanciano senza indugio a fare il loro lavoro, intervistare e registrare lo scoop; gli spettatori che non sono in fila per l'autografo si dividono in gruppi, commentano, discutono e criticano.
Non è stato il solito incontro del Festival, anzi, per fortuna è raro che si creino queste situazioni; ma come si suol dire, forse anche in questo caso è «il bello della diretta».