10/09/2010

DOMANI TI FARÒ BRUCIARE


2010_09_10_115
da I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij
 con un intervento finale di Gherardo Colombo e Serena Vitale


"Domani ti farò bruciare" è un'invettiva violenta e malinconica. Un «presto con fuoco» in bilico tra il sublime e il burlesque. Un finale di partita tra un demone di mezza tacca e un Cristo consegnato al silenzio. Un interrogatorio che si rivela una confessione. Se non c'è salvezza possibile, tanto vale cedere alla tentazione di vivere; ma neanche questo è permesso al demone pronto a rubare le parole al Grande Inquisitore pur di strappare al suo interlocutore la possibilità di incarnarsi. Al monologo interpretato da Silvio Castiglioni (della durata di circa 30 minuti), segue un confronto sul testo di Dostoevskij tra Serena Vitale, esperta di letteratura russa, e l'ex-magistrato Gherardo Colombo. 


drammaturgia Andrea Nanni, sound design Gianmaria Gamberini, luci Luca Brolli, regia Giovanni Guerrieri, produzione Celesterosa/I Sacchi di Sabbia.

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Italiano
I fratelli Karamazov e il genio di Dostoevskij in meno di 40 minuti: come fare? Senza la pretesa di dire tutto, ma concentrandosi sul messaggio che si vuole fare passare, empatizzando con il pubblico, come hanno fatti Andrea Nanni e Silvio Castiglioni, drammaturgo e attore unico, con la messa in scena di "Domani ti farò bruciare", monologo del "Grande Inquisitore" tratto dal romanzo dostoevskiano, venerdì sera all'Ariston. A Serena Vitale e Gherardo Colombo a seguire il compito di commentare il testo e confrontarsi con la sua teatralizzazione.
Un demone in elegante completo grigio, disinvolto e plastico nei suoi movimenti anche se con alcuni tic nella voce e nei gesti, una mano che scandisce il tempo e le gambe ora accavallate ora beffardamente ciondolanti dal bracciolo della poltrona, e uno sfondo rosso prima e blu poi, perchè l'inferno è inospitale sia nel fuoco che nel gelo. Sulla scena solo questo e le parole del demone. Alla fine del monologo, Serena Vitale ha presentato brevemente il romanzo: la Russia che esce dalla riforma del '61 sullo sfondo, l'abolizione della servitù della gleba, ma una dilangante corruzione morale che segna la provincia, e tre fratelli, l' «ateo», il «buono» ottuso e il «fallito», tutti e tre animati da un odio profondo per il padre che vogliono uccidere. A Ivan, l'ateo, è affidato il monologo del Grande Inquisitore, accusa ad un Dio infinitamente colpevole. Nella rappresentazione teatrale di Nanni e Castiglioni, però, a Ivan si sovrappone il demone che lo tormenta in un altro luogo del romanzo, sovrapposizione evocativa e ricca di suggestioni. Dio ha voluto fare gli uomini liberi (di scegliere, di decidere, di pensare e agire) e li ha abbandonati così a loro stessi, in una condizione che loro non sanno gestire e che li fa sentire ancora più soli e li angoscia... Dio se ne è andato e ora è un «intralcio»: ora altri diranno all'uomo cosa è bene e cosa è male, altri lo perdoneranno e prenderanno su di sè il peso delle decisioni e delle scelte. Ad altri il potere, a Dio ora il rogo, e quindi il Grande Inquisitore-Ivan-demone assicura «domani ti farò bruciare». Nel romanzo la risposta di Cristo è muta ma di sconvolgente forza: è l'amore, è un bacio. Sulla scena però nessun Dio, nessun bacio. A teatro nessuna risposta: perchè? La Vitale e Colombo si sono soffermati su questo punto. Nanni e Castiglioni hanno quindi spiegato: dare a Dio il corpo di un attore che entra in scena per baciare il demonio sarebbe stato infangare uno dei momenti più sublimi del romanzo, snaturarlo, privarlo della sua potenza... Meglio volgere il demone verso il pubblico, perchè lì, in platea, è collocato Dio: così le parole del Grande Inquisitore che descrivono tanto bene la difficilissima relazione tra l'uomo e la libertà sono rivolte a ogni singolo spettatore... a ognuno il compito di trovarvi una risposta.

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