11/09/2010
IL BUSINESS DELLA DEPRESSIONE
2010_09_11_128
Quello della depressione è un grande mercato. Secondo Philippe Pignarre, a lungo direttore della comunicazione in un'importante industria farmaceutica, la crescita esponenziale di sindromi depressive degli ultimi anni è frutto di un perverso meccanismo che fa sì che sia il rimedio a definire il male e non viceversa, per cui viene chiamata 'depressione' quella vasta area di disagio psichico che guarisce grazie agli antidepressivi. Ecco allora che un malessere epocale dai confini incerti viene definito in toto dalle esigenze del mercato, che finisce così per investire tutte le sue risorse per la cura di malattie assolutamente indotte. Su questa nuova frontiera della malattia, Pignarre si confronta con Maria Squillante, neuropsichiatra infantile. Conduce la giornalista Marina Terragni.
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Italiano
Il «male del secolo», come la depressione viene definita, è una delle questioni più ampiamente dibattute del nostro periodo. Poca meraviglia se la platea del Teatro Ariston era gremita stamattina in occasione dell'intervento di Philippe Pignarre.
E le parole di Pignarre, prima direttore della comunicazione di una casa farmaceutica, ora editore, mettono subito in chiaro la sua posizione. «La depressione esiste, certo. Ma esiste perché l'abbiamo fatta esistere noi». Piacevolissimo è dunque il dibattito con Maria Squillante, neuropsichiatra infantile, e la giornalista Marina Terragni su questa «malattia del legame sociale», ma soprattutto sulla nostra incapacità di capire come essa sia caratterizzata, poiché non ci sono virus, testimoni o dati certi, incapacità che sfocia inevitabilmente nell'inserimento in un modello già prestabilito. A costruire l'identità del depresso è dunque sempre più lo sguardo nelle relazioni e l'uso stesso degli antidepressivi; quegli stessi medicinali che gli vengono somministrati con una facilità estrema dalla moderna «psichiatria di massa» di oggi, in un circolo senza fine sinistramente pericoloso.
E le parole di Pignarre, prima direttore della comunicazione di una casa farmaceutica, ora editore, mettono subito in chiaro la sua posizione. «La depressione esiste, certo. Ma esiste perché l'abbiamo fatta esistere noi». Piacevolissimo è dunque il dibattito con Maria Squillante, neuropsichiatra infantile, e la giornalista Marina Terragni su questa «malattia del legame sociale», ma soprattutto sulla nostra incapacità di capire come essa sia caratterizzata, poiché non ci sono virus, testimoni o dati certi, incapacità che sfocia inevitabilmente nell'inserimento in un modello già prestabilito. A costruire l'identità del depresso è dunque sempre più lo sguardo nelle relazioni e l'uso stesso degli antidepressivi; quegli stessi medicinali che gli vengono somministrati con una facilità estrema dalla moderna «psichiatria di massa» di oggi, in un circolo senza fine sinistramente pericoloso.