08/09/2011

PER UNA STORIA DELLO SGUARDO

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Lo sguardo muta con le trasformazioni che attraversano nel tempo ogni cultura. Per Hans Belting, storico dell'arte ed autore di "I canoni dello sguardo", è particolarmente interessante il confronto tra Occidente e Oriente: se la nostra cultura con la prospettiva «ha portato all'interno dell'immagine lo sguardo, e assieme allo sguardo, anche il soggetto che guarda», rivendicando per l'uomo una sovranità sul mondo e sulle cose, l'arte orientale predilige la bidimensionalità, per un uomo che si perde nella fede in «un mosaico di segni singoli, dinanzi ai quali la nostra percezione diviene instabile e incerta». Insieme a Massimo Carboni ("Di più di tutto. Figure dell'eccesso"), Belting cerca di tracciare i cambiamenti dei punti di vista intercorsi nei secoli e il continuo 'scambio di sguardi' tra Oriente e Occidente.

Con il contributo di Goethe-Institute Mailand.
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Nella cornice del Teatro Bibiena, piccolo gioiello barocco con una rara pianta a 'campana', Massimo Carboni ha incontrato lo storico dell'arte Hans Belting, autore del volume "I canoni dello sguardo".
Un confronto fra Oriente e Occidente sullo statuto dell'immagine, nella ferma convinzione che 'guardare' non è mai un atto innocente, ovvero spontaneo e irriflesso, bensì un atto sottoposto a specifiche regole storiche e culturali. Dalla scoperta emersa nel corso di una lezione al Collège de France, Belting sostiene l'esistenza di due differenti teorie prospettiche: quella di matrice brunelleschiana, nata nella Firenze rinascimentale, e una seconda di provenienza araba, cronologicamente anteriore e basata sulla teoria matematica dei raggi visivi. Lucida analisi del rapporto fra visibile e dicibile, il libro di Belting tocca temi quali la reversibilità dello sguardo (il chiasma merleau-pontiano), il rispecchiamento (il mito di Narciso), l'interazione fra percezione cruda e conoscenza intellettuale, l'interdizione delle immagini nella cultura araba. Fino al concetto di 'ornamento' come produzione artistica bidimensionale, in contrapposizione alla finestra albertiana e alla sua apertura verso l'esterno, presupposto occidentale a qualsiasi rappresentazione del reale.

«Io vi sto guardando e voi mi state guardando», dice Massimo Carboni per aprire l'incontro con lo storico dell'arte Hans Belting, seminando perplessità tra il pubblico. È lo sguardo, infatti, protagonista dell'incontro tra i due, incontro che nasce dalla penna dello studioso tedesco, in particolare dall'ultimo libro pubblicato, Firenze e Baghdad. Arte del Rinascimento e scienza araba. Da sempre lo sguardo è sottoposto a norme che cambiano col mutare del tempo. Guardare non è mai un atto innocente, in quanto le norme a cui è sottoposto gli impongono uno sviluppo culturale, nonostante la sua natura essenzialmente naturale. La tesi di fondo del libro di Belting si regge su una contrapposizione percettiva: la visione prospettico-geometrica di Brunelleschi, misura razionale, profonda, che include il soggetto che guarda e quella arabo-islamica, fondata sulla scienza, piatta e antecedente diversi secoli alla prima. In realtà le due visioni si compenetrano, in quanto l'Occidente ha fatto sue tutte le scoperte arabe in ambito scientifico, servendosene per la propria cultura cristiana.
L'incontro, ambientato nell'incantevole Teatro Bibiena, prevede una trattazione trasversale di maxi-tematiche quali l'immagine, da sempre campo di interesse privilegiato di Belting, e il rapporto percezione-conoscenza. Massimo Carboni nota come ogni capitolo del libro di Belting finisca con un paragrafo chiamato "Scambio di sguardi", in cui una cultura viene esaminata alla luce di altre culture, annientando ogni carattere gerarchizzante e colonialista.
La prima domanda verte proprio sulla nozione di 'intercultura', che prevede scambi fra culture diverse, in fieri, tenendo sempre a mente il concetto di alterità. Belting non parla di influenza, poiché implicherebbe una gerarchia tra le due culture, piuttosto ne sottolinea l'aspetto di incontro e reciprocità. La questione del soggetto-guardante torna lungo tutto il corso dell'incontro, in un continuo confronto tra la profondità dello sguardo occidentale, riconosciuto nella celebre teoria albertiana della 'finestra', e la percezione superficiale dell'occhio orientale, abituato ad osservare la forma artistica più caratteristica della sua cultura: l'ornamento. Rotoli, papiri, paraventi e tappeti sono i supporti su cui l'arte orientale trova spazio, luoghi piatti, intrinsecamente bidimensionali. Dunque la questione di fondo è: se è vero che, da Aristotele in poi, la modalità primaria della visione coinvolge il soggetto, seguendo quali percorsi alternativi a quelli occidentali viene a delinearsi una visione orientale? Si può dare un soggetto che prende forma dall'ornamento? La teoria di Belting a riguardo è cristallina: non si può pensare un soggetto-sguardo orientale senza liberarsi della propria concezione di soggetto, considerata non universale e precostituita. Quello orientale è un soggetto che ha preposto la teologia e l'ornamento alla base della propria visione, dunque il soggetto che ne scaturisce è necessariamente diverso da quello formatosi in una cultura, quella occidentale, che ha invece preferito l'immagine alla decorazione. Massimo Carboni affronta, inoltre, la tematica del rappporto tra visibile e dicibile, tra immagine e parola. Matisse diceva ai suoi allievi: «Se volete imparare a dipingere tagliatevi la lingua!». La difficoltà, se non l'impossibilità, di una transcodifica dal visibile al dicibile è alla base della profonda argomentazione dei due studiosi. Com'è possibile rendere il senso dell''estasi percettiva', che solo un'immagine può dare, con le parole? Hans Belting fa notare come dall'arte concettuale, dunque dagli anni Sessanta, il rapporto immagine-parola è cambiato, molte opere sono divenute scritture e il concetto stesso di 'opera d'arte' si è evoluto in 'pratica artistica'. Nell'era dell'ipertecnologia, in cui ormai non è più la tecnica a servire l'immagine, ma l'opposto, e in cui le immmagini non si identificano più con il singolo medium che le viecola, ha senso credere che persista un'identità specifica dell'immagine? Nell'era post-mediale, cos'è un'immagine? Belting sostiene che le immagini, dal 1989 in poi, stanno assumendo nuova rilevanza e che, nonostante l'irruzione dell'arte digitale, si senta la necessità di un ritorno all'immagine, soprattutto nel mondo non europeo. Hans Belting, autore stimato da tutto il mondo dell'arte, è a proprio agio, intervalla parole italiane al discorso in inglese per rendersi più comprensibile. Sorride quando uno scroscio di applausi riempie il teatro.  

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