05/09/2012

DEDICATO A JUNG

2012_09_05_012
«Il trattamento della psicologia dovrebbe in generale essere caratterizzato da un principio di universalità. (...) La psicologia dovrebbe essere insegnata nei suoi aspetti biologici, etnologici, medici, filosofici, storico-culturali e religiosi». Proprio per questa sua modalità di guardare sempre ai vasti orizzonti della cultura e della psiche umana, l'opera di Carl Gustav Jung sfugge ad ogni possibilità di definizione. A tracciare un nuovo profilo del fondatore della psicologia moderna e a mettere in luce i diversi aspetti del pensiero junghiano saranno Sonu Shamdasani, tra i massimi esperti di Jung e recente curatore del "Libro Rosso", Fabrizio Petri, studioso delle influenze orientali nella psicologia di Jung, l'antichista Silvia Ronchey e la psicoanalista Carla Stroppa.
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Perché dedicare un intero evento all'interno di una kermesse in cui si tratta pincipalmente di letteratura ad un personaggio legato al mondo della psichiatria e della psicanalisi? Con questa domanda si apre l'intervento di Sonu Shamdasani, uno dei maggiori esperti mondiali di Jung, e si sviluppa l'evento "Dedicato a Jung". Il curatore de "Il libro rosso" spiega come dopo aver terminato il suo "Libido. simboli e trasformazioni", Jung si sentì svuotato. Non un impulso, non uno stimolo a proseguire la sua ricerca. Così iniziò a scrivere, senza avere una precisa idea di dove lo avrebbe portato la sua immaginazione. Il suo scopo era quello di entrare nei suoi sogni da ospite, razionalmente; così comprese come fosse fondamentale intraprendere un viaggio interiore per scoprire il proprio lato umano, e non solo. L'introspezione è anche un modo per portare alla luce il nostro legame con il mondo, con la cultura collettiva, con il mito, con il passato. In questo modo Jung propose un modo nuovo di interpretare le fantasie umane, assolutamente complementare alla letteratura, basti pensare ai diversi scrittori che sono stati influenzati dalle sue idee di mito, di simbolo, o di pura ricerca nelle profondità dell'animo umano (Herman Hesse, T.S. Eliot, James Joyce, Italo Svevo, per citarne alcuni). Egli era un impulsivo, si lasciava guidare dall'istinto, dall'immaginazione, dalle fantasie. E in questa direzione vengono in mente diversi collegamenti con esponenti delle arti figurative, come Dalì, Ernst o De Chirico, che nelle loro fantasie oniriche, richiamano quei concetti di archetipo e di immaginario collettivo centrali nell'opera Junghiana. Ma in quale quale misura queste tematiche risultano interessanti in chiave moderna? Questo percorso di ricerca, di riflessione, porta il singolo a porsi correttamente verso la comunità. L'individuazione, ossia l'essere se stessi nei confronti del mondo e farsi accettare per ciò che si è, si oppone concretamente all'individualismo e all'isolamento. Bisogna superare il contingente, muoversi verticalmente oltre che orizzontalmente e, mediante l'interiorità, essere funzionali alla collettività. Da questo punto di vista si possono riscontrare molte analogie con il pensiero di Gandhi, come spiegato da Fabrizio Petri. La non violenza e la valorizzazione del singolo in una comunità sono le dirette conseguenze del pensiero Junghiano. Fatte queste considerazioni, un evento dedicato esclusivamente a Jung ha tutte le ragioni di esistere all'interno di questo Festival. 
 

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