06/09/2012
LA RISPOSTA DEL SILENO
2012_09_06_025
In uno dei suoi testi più noti e discussi - "La nascita della tragedia" - originariamente pubblicato nel 1872, Friedrich Nietzsche riferisce un episodio singolare, ma ricco di ammaestramenti. Un'antica leggenda racconta dell'incontro che vi sarebbe stato fra il re Mida, famoso nell'antichità per le sue strabilianti ricchezze, e il saggio Sileno, precettore di Dioniso. A costui il sovrano pone una domanda, corrispondente a un interrogativo che probabilmente ci siamo posti più volte noi stessi. Quale è la cosa migliore e più desiderabile per l'uomo? La risposta del Sileno - e il commento di Nietzsche - propongono un affascinante tema di riflessione, di persistente attualità.
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Italiano
Umberto curi, professore di Storia della Filosofia, parte da uno dei testi più famosi di Nietzsche, "La nascita della tragedia" pubblicato nel 1872 quando aveva solo 28 anni, per parlare della condizione dell'essere umano.
Il libro segna l'esordio di Nietzsche nel mondo della scrittura, pur riassumendo due anni di ricerche sull'origine della tragedia greca;
a sorprendere è la leggenda sull'incontro tra il re Mida e il saggio Sileno, che scardina il modo in cui era stato visto e idealizzato fino a quel momento il mondo greco, simbolo di bellezza e armonia; non usando compromessi, si attira l'opposizione degli accademici della Germania di fine Ottocento. Nietzsche indica nella relazione tra dionisiaco e apollineo la chiave per poter capire il mondo greco.
Basandosi su un testo di Plutarco, Nietzsche racconta il lungo inseguimento, da parte del re Mida, di Sileno, al quale vuole porre una domanda.
I due personaggi sono la rappresentazione per antonomasia dell'uomo ricco e potente, Mida, e del depositario del sapere, Sileno. Mida è animato dal desiderio di sapere e pone a Sileno un interrogativo che riguarda la condizione umana e il suo destino. Vuole conoscere, perché il potere non gli basta. Il re non esita ad utilizzare strumenti di tortura di fronte alla riluttanza di Sileno. Curi sottolinea come il personaggio del re Mida presenti dei parallelismi con altre tre figure del mondo antico, animate dalla stessa brama di conoscenza: Ulisse, Narciso e Edipo. Ulisse abbandona tutto quello che possiede per colmare la sua voglia di sapere. Nietzsche lo accomuna ai filosofi dell'avvenire, che inseguono il sole che declina purché sorga l'aurora del nuovo mattino, anche a costo di naufragare. Narciso è condannato invece dal conoscere se stesso. Quando si rende conto di essersi innamorato del proprio riflesso, comprende che il proprio destino è drammaticamente segnato. Infine Edipo è la figura che può essere sovrapposta a quella del re Mida: è al culmine della sua fortuna, quando si imbatte in una circostanza che lo condurrà alla morte. Vuole conoscere chi ha ucciso Laio e da cosa dipendono le sventure abbattutesi sulla città di Tebe. Quando però giungerà ad avere delle risposte, sarà travolto da un tragico destino. Tutti e tre questi personaggi, come Mida, hanno voluto sapere ciò che era meglio non conoscere.
La risposta di Sileno è scandita in due parti: «Stirpe miserabile ed effimera, perché vuoi sapere quello che per te sarebbe meglio non sapere?», e continua: «la cosa più desiderabile per l'uomo sarebbe non sapere»; questa affermazione si contrappone al detto greco, di cui Socrate fu incarnazione, «conosci te stesso». Sileno continua dicendo che il meglio è assolutamente irraggiungibile, quindi sarebbe auspicabile non essere nato. Non potendo evitare di nascere, la cosa migliore sarebbe morire presto. Diverse ricerche hanno evidenziato come la sentenza di Sileno ricorresse in diversi tragediografi: Eschilo, Sofocle ed Euripide. Quest'ultimo ne "Le Trachinie" parla di come ciascuno sia esposto al logorio del tempo, perciò sarebbe meglio non essere nati piuttosto che assoggettarsi ad un continuo venire meno. Nega la presenza degli dei, ritenendo il mondo in balia di se stesso. Questa visione della condizione umana è riscontrabile anche in diversi passaggi dell'Antico Testamento. È solo con Cristo che si supera questo orizzonte.
Sileno rappresenta la risposta di una filosofia che cerca di dare delle risposte ma non riesce a superare un limite. Questo limite è quello intorno a cui lavora la fede. Solo il riconoscimento di questi limiti permette un'apertura verso una visione diversa: ognuno deve cercare la propria strada assistito solo dalla speranza.
I due personaggi sono la rappresentazione per antonomasia dell'uomo ricco e potente, Mida, e del depositario del sapere, Sileno. Mida è animato dal desiderio di sapere e pone a Sileno un interrogativo che riguarda la condizione umana e il suo destino. Vuole conoscere, perché il potere non gli basta. Il re non esita ad utilizzare strumenti di tortura di fronte alla riluttanza di Sileno. Curi sottolinea come il personaggio del re Mida presenti dei parallelismi con altre tre figure del mondo antico, animate dalla stessa brama di conoscenza: Ulisse, Narciso e Edipo. Ulisse abbandona tutto quello che possiede per colmare la sua voglia di sapere. Nietzsche lo accomuna ai filosofi dell'avvenire, che inseguono il sole che declina purché sorga l'aurora del nuovo mattino, anche a costo di naufragare. Narciso è condannato invece dal conoscere se stesso. Quando si rende conto di essersi innamorato del proprio riflesso, comprende che il proprio destino è drammaticamente segnato. Infine Edipo è la figura che può essere sovrapposta a quella del re Mida: è al culmine della sua fortuna, quando si imbatte in una circostanza che lo condurrà alla morte. Vuole conoscere chi ha ucciso Laio e da cosa dipendono le sventure abbattutesi sulla città di Tebe. Quando però giungerà ad avere delle risposte, sarà travolto da un tragico destino. Tutti e tre questi personaggi, come Mida, hanno voluto sapere ciò che era meglio non conoscere.
La risposta di Sileno è scandita in due parti: «Stirpe miserabile ed effimera, perché vuoi sapere quello che per te sarebbe meglio non sapere?», e continua: «la cosa più desiderabile per l'uomo sarebbe non sapere»; questa affermazione si contrappone al detto greco, di cui Socrate fu incarnazione, «conosci te stesso». Sileno continua dicendo che il meglio è assolutamente irraggiungibile, quindi sarebbe auspicabile non essere nato. Non potendo evitare di nascere, la cosa migliore sarebbe morire presto. Diverse ricerche hanno evidenziato come la sentenza di Sileno ricorresse in diversi tragediografi: Eschilo, Sofocle ed Euripide. Quest'ultimo ne "Le Trachinie" parla di come ciascuno sia esposto al logorio del tempo, perciò sarebbe meglio non essere nati piuttosto che assoggettarsi ad un continuo venire meno. Nega la presenza degli dei, ritenendo il mondo in balia di se stesso. Questa visione della condizione umana è riscontrabile anche in diversi passaggi dell'Antico Testamento. È solo con Cristo che si supera questo orizzonte.
Sileno rappresenta la risposta di una filosofia che cerca di dare delle risposte ma non riesce a superare un limite. Questo limite è quello intorno a cui lavora la fede. Solo il riconoscimento di questi limiti permette un'apertura verso una visione diversa: ognuno deve cercare la propria strada assistito solo dalla speranza.