06/09/2012
LE FRONTIERE DELL'INDICIBILE
2012_09_06_027
Testamento biologico, guarigioni impossibili, suicidio assistito, organi e cellule staminali in affitto e vendita: questi i temi più scottanti con i quali la medicina è chiamata oggi a confrontarsi, tra censure morali e il desiderio sempre più diffuso di superare i nostri limiti biologici. Paolo Cornaglia Ferraris ("Accanimento di stato") e Ignazio Marino ("Credere e conoscere") puntano l'attenzione su silenzi e tabù che accompagnano queste questioni, tra deontologia medica e richieste impossibili di vita eterna.
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Italiano
L'inizio e la fine della vita. La fecondazione artificiale e la ricerca sulle cellule staminali embrionali, la difesa della dignità della persona in ogni fase della sua esistenza, e le circostanze in cui può essere considerata ammissibile l'eutanasia.
Oggi a Palazzo di San Sebastiano, Ignazio Marino e Paolo Cornaglia Ferraris, hanno affrontato questi temi, hanno varcato le frontiere di ciò che non si può dire.
La madre di Ferraris, poetessa sarda, descrive la vita come un lungo corridoio, alle cui pareti ci sono come quadri le immagini delle persone che se ne sono andate prima di noi, e in fondo c'è un portoncino, un passaggio, e noi non sappiamo cosa ci sia oltre, se il nulla o l'aldilà. E Ferraris aggiunge, «resta a noi operare sui modi in cui avviene l'attraversamento di quel passaggio».
Il concetto di morte è astratto, ed è cambiato nel tempo. La definizione di morte cerebrale è stata introdotta nel 1968, in contemporanea ai primi trapianti nella storia della medicina. Con i suoi criteri stabilisce quando è lecito interrompere la terapia del paziente, giudicato clinicamente morto. Così che, le stesse macchine che salvano la vita, sono quelle che la mantengono quando non si vuole 'staccare la spina'. La legge stabilisce che chiunque si trovi in stato di incoscienza, debba essere sottosposto a nutrizione e idratazione artificiale. Il punto però, secondo Marino, è che non si può affidare alla politica, di chi vince le elezioni, l'onere di decidere se terminare o meno la nostra vita.
Questo è il problema, dice Ferraris, di Stato e medicina. Di politica ed etica medica. In quei momenti in cui, per un medico, è difficile comunicare una prognosi, dare cioè un giudizio di previsione, sapere cosa succederà e non poterlo dire in modo leggero. L'ipocrisia del dire e del non dire, sino a che punto si ha il diritto di usare le parole. L'unico approccio con il paziente è quello di grande rispetto, di avere considerazione dei pensieri e dei desideri di chi si ha di fronte. Cosa c'entra in tutto questo lo Stato, il tribunale? Come si può far stabilire al TAR se le staminali sono da somminstrare ad una persona sì e ad un'altra no? Se un omicidio si compie per compassione, è da condannare?
Marino risponde che ovviamente i parlamentari, che legiferano su questi argomenti, è necessario che siano aggiornati con l'informazione scientifica, ed è necessario che non la falsino. Che per la fecondazione assistita sia obbligatorio l'impianto di tre embrioni, a prescindere dall'età della donna, scientificamente non ha senso, perché è ovvio che ci sono delle differenze di pari passo con la differenza d'età. Se uno scienziato italiano può occuparsi di ricerca sulle cellule staminali embrionali solo se sono state prelevate all'estero, è un assurdo, perché o è etico prelevarle oppure no.
Il senso, è proprio questo: lo Stato che dà indicazioni alla scienza, alla medicina, lo deve fare con conoscenza e cognizione di causa; la legge, non deve perdere di vista l'etica, non deve astrarre a tal punto da scordarsi che le decisioni ricadranno su persone, la cui umanità va rispettata.
Oggi a Palazzo di San Sebastiano, Ignazio Marino e Paolo Cornaglia Ferraris, hanno affrontato questi temi, hanno varcato le frontiere di ciò che non si può dire.
La madre di Ferraris, poetessa sarda, descrive la vita come un lungo corridoio, alle cui pareti ci sono come quadri le immagini delle persone che se ne sono andate prima di noi, e in fondo c'è un portoncino, un passaggio, e noi non sappiamo cosa ci sia oltre, se il nulla o l'aldilà. E Ferraris aggiunge, «resta a noi operare sui modi in cui avviene l'attraversamento di quel passaggio».
Il concetto di morte è astratto, ed è cambiato nel tempo. La definizione di morte cerebrale è stata introdotta nel 1968, in contemporanea ai primi trapianti nella storia della medicina. Con i suoi criteri stabilisce quando è lecito interrompere la terapia del paziente, giudicato clinicamente morto. Così che, le stesse macchine che salvano la vita, sono quelle che la mantengono quando non si vuole 'staccare la spina'. La legge stabilisce che chiunque si trovi in stato di incoscienza, debba essere sottosposto a nutrizione e idratazione artificiale. Il punto però, secondo Marino, è che non si può affidare alla politica, di chi vince le elezioni, l'onere di decidere se terminare o meno la nostra vita.
Questo è il problema, dice Ferraris, di Stato e medicina. Di politica ed etica medica. In quei momenti in cui, per un medico, è difficile comunicare una prognosi, dare cioè un giudizio di previsione, sapere cosa succederà e non poterlo dire in modo leggero. L'ipocrisia del dire e del non dire, sino a che punto si ha il diritto di usare le parole. L'unico approccio con il paziente è quello di grande rispetto, di avere considerazione dei pensieri e dei desideri di chi si ha di fronte. Cosa c'entra in tutto questo lo Stato, il tribunale? Come si può far stabilire al TAR se le staminali sono da somminstrare ad una persona sì e ad un'altra no? Se un omicidio si compie per compassione, è da condannare?
Marino risponde che ovviamente i parlamentari, che legiferano su questi argomenti, è necessario che siano aggiornati con l'informazione scientifica, ed è necessario che non la falsino. Che per la fecondazione assistita sia obbligatorio l'impianto di tre embrioni, a prescindere dall'età della donna, scientificamente non ha senso, perché è ovvio che ci sono delle differenze di pari passo con la differenza d'età. Se uno scienziato italiano può occuparsi di ricerca sulle cellule staminali embrionali solo se sono state prelevate all'estero, è un assurdo, perché o è etico prelevarle oppure no.
Il senso, è proprio questo: lo Stato che dà indicazioni alla scienza, alla medicina, lo deve fare con conoscenza e cognizione di causa; la legge, non deve perdere di vista l'etica, non deve astrarre a tal punto da scordarsi che le decisioni ricadranno su persone, la cui umanità va rispettata.