04/09/2013

CON LA SPERANZA DI CAMBIARE IL MONDO

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«Avevo appena compiuto diciotto anni, decisi che bisognava impegnarsi per cercare di cambiare il mondo. C'era la speranza e la fiducia di poterlo fare, ma si sapeva che le cose non sarebbero state così facili». Il 1947 è l'anno del risveglio della coscienza politica per Luciana Castellina e l'inizio di un lungo percorso che la porterà dalla militanza nelle fila del PCI alla cruciale esperienza de "il manifesto", dalle battaglie pacifiste al confronto con gli operai, dalla diplomazia internazionale alla fitta rete di relazioni intellettuali, in particolare nel mondo del cinema. Una vita ricca di esperienze, di scoperte, di affetti, di brucianti nostalgie, che Luciana Castellina ha affidato a due volumi di memorie: "La scoperta del mondo e Siberiana". Al Festival, si racconta a uno dei più promettenti scrittori della nuova generazione, Paolo Piccirillo ("La terra del sacerdote").
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Italiano
Una signora di ottantaquattro anni («a una certa età non si nasconde più l'età», per usare le sue parole) e un giovane scrittore di appena ventisei. Due mondi apparentemente lontanissimi tra loro, da chi ha vissuto stagioni come la Seconda Guerra Mondiale e il Sessantotto, a chi, invece, per sua stessa ammissione del mondo ha ancora visto poco, ma che alla resa dei conti sembrano essere uniti da una sottile linea di sentire.
Si sono incontati nella prima giornata del Festivaletteratura per parlare dei due volumi a cui Luciana Castellina ha affidato le sue memorie: "La scoperta del mondo" e "Siberiana". Per farlo, Piccirillo ha raccontato i dialoghi e le telefonate condivise, chiedendo prima a Luciana Castellina qualche parere su alcuni avvenimenti che hanno mosso la politica italiana negli ultimi anni, dalla discesa in campo dei grillini alle riflessioni sulla situazione delle donne dopo recenti scandali che hanno riempito più pagine di giornale, per poi lasciarla parlare a ruota libera. Così la Castellina ha raccontato la sua infanzia, fatta di sogni («da piccola volevo fare il facchino, perché lavora in stazione e in stazione iniziano i viaggi, partono i treni»), degli incontri particolari che l'hanno caratterizzata («fino alle medie studiavo nella stessa classe della figlia di Mussolini»), prima di passare a una riflessione sulla concezione della politica, della necessità che sia una politica del 'noi' e non dell''io'.
Un incontro che ha messo a confronto due generazioni diverse, i giovani di oggi, che non sembrano più essere presi troppo sul serio, come incapaci di far sentire la propria voce, e i giovani che invece si sono trovati, con alle spalle poche primavere, a dover ricostruire l'Italia dopo il conflitto mondiale o a dover combattere per veder riconoscere i propri diritti.
Due generazioni che sembrano quasi essersi scambiati i ruoli, tanto che Piccirillo afferma «sono più giovane di Luciana, ma conoscendola mi sono reso conto di provare già più nostalgia del passato io di lei». Una riflessione che dovrebbe essere presa in considerazione anche da chi sta lavorando al futuro del nostro Paese.
 

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