05/09/2013

MUSICA E ARCHITETTURA, DIALOGHI DEL TEMPO E DELLO SPAZIO

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Il confronto e il dialogo tra le due discipline vengono affrontati dal punto di vista tecnico, terminologico ed estetico. Il musicologo Giovanni Bietti e Luca Molinari, storico dell'architettura, parlano del rapporto tra la musica e lo spazio, tra l'architettura ed il tempo, esaminando il modo in cui un musicista pensa una composizione in termini 'architettonici', occupandosi di volumi, di masse, di direzioni spaziali, e in che modo l'architetto prende invece in considerazione l'armonia o il contrappunto.
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L'incontro è cominciato con la definizione di musica, data dal musicologo Giovanni Bietti, come «organizzazione del suono attraverso il tempo». In essa viene posto indirettamente l'accento su quella che Bietti stesso chiama «l'invidia dello spazio» da parte dei musicisti, capaci sì di catturare per un attimo l'attenzione completa del pubblico, ma a cui manca la fisicità propria di altre forme d'arte, come appunto l'architettura. Ad essa lo storico dell'architettura Luca Molinari ha risposto parlando dell' «invidia dell'attenzione», attenzione che viene puntualmente carpita dalla musica non appena si inizia a suonare, come spesso capita nel corso di concerti tenuti in location splendide dal punto di vista architettonico su cui però, nel momento dell'esecuzione, l'occhio dell'osservatore sorvola.
Nonostante questa premessa che potrebbe far sembrare impossibile un dialogo fra queste due diverse arti, lo scopo della conferenza è stato al contrario quello di mostrare gli importanti e molteplici punti di incontro fra musica e architettura. Gli esperti hanno sottolineato come ad esempio il problema dell'acustica abbia messo l'architettura a servizio della performance musicale fin dal Cinquecento, e in misura diversa, risalendo addirittura al teatro greco: la musica non ha una fisicità propria, ma è impensabile senza uno spazio che funga da 'cassa di risonanza' per amplificare le onde sonore; essa, a sua volta, ha tentato nel corso della storia, di richiamare con gli strumenti a sua disposizione alcune scoperte e tecniche portate all'avanguardia dall'architettura: una su tutte, la prospettiva.
Il secolo che ha visto una maggiore corrispondenza fra queste due sensibilità artistiche sembra essere il Seicento: mentre maestri come Borromini e Guarini realizzavano la loro idea di circolarità, tipicamente barocca, con bellissime cupole e guglie, Johann Sebastian Bach, a cui si attribuisce un 'rapporto geometrico con lo spazio', componeva brani che vengono spesso descritti come 'una visita ad un palazzo seicentesco', con il suo punto di partenza, le scale da percorrere e infine l'uscita, che inevitabilmente richiama da dove siamo entrati. Per questo motivo si parla in musica, a proposito di compositori che realizzano pezzi di questo tipo, di 'forme architettoniche'.
L'ultimo punto affrontato è stato quello del rapporto con il pubblico: esso si basava, almeno fino al Novecento, principalmente su una serie di 'convenzioni', leitmotiv che permettevano agli spettatori di riconoscere e dunque apprezzare più partecipatamente ciò a cui assistevano: se in musica una partecipazione attiva era possibile anche grazie a generi come le marce trionfali che si svolgevano all'aperto, anche in ambito architettonico la lenta e graduale costruzione di un edificio lo rendeva più sentito e atteso dagli abitanti della zona. L'interazione con il pubblico è giunta poi alla sua nullificazione nel corso del Novecento: basti pensare al celebre componimento di John Cage, '4.33', in cui orchestra e direttore rimangono in silenzio per permettere al teatro di 'ascoltare il contesto', oppure alle recenti avanguardie architettoniche.

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