06/09/2013

L'ULTIMA FUGA DI BACH

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bambini e adulti dagli 8 anni in su
Il suo trisnonno era mugnaio, e suonava la cetra al ritmo del mulino. Il suo canarino ha assistito alla composizione dell'ultima grande opera e proprio ispirandosi ad essa Chiara Carminati in "L'ultima fuga di Bach" raccoglie le testimonianze di quattordici personaggi che raccontano altrettanti aneddoti della vita del grande musicista Johann Sebastian Bach, mettendone in luce le qualità umane, lo spirito indipendente, il genio musicale. La accompagnano Giovanna Pezzetta al pianoforte e Pia Valentinis con immagini.
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Italiano
«Ma Bach è ancora vivo?» esordisce un bambino mentre mancano pochi minuti all'inizio. La mamma ridacchia rispondendo di no, ma alla fine dell'incontro, dopo aver esplorato insieme l'entusiasmante storia di J.S.Bach, nessuno si sentirà più di rispondere con la stessa sicurezza. La personalità del grande compositore, infatti, fu così propompente ed energica che a ragione il suo ammiratore Ludwig Von Beethoven (niente di meno che!) ironizzò sul fatto che all'organista tedesco, il cui cognome significa 'ruscello', si sarebbe meglio accordato il nome 'oceano'.
Da un'infanzia bruscamente interrotta (rimane orfano di entrambi i genitori a soli 9 anni) fino ad un'adolescenza vissuta all'insegna della sua grande passione, la musica, per la quale non esitò a ficcarsi in guai anche grossi - come passare tre settimane in prigione per essersi autolicenziato dalle dipendenze di un duca, la vita di Johann Sebastian Bach è davvero un continuo scorrere di eventi vorticosi, affrontati con il coraggio e l'intraprendenza che gli erano propri. Questa forza centrifuga che ha animato la sua vicenda personale si presta particolarmente ad essere raffigurata in musica tramite una delle forme più complesse per tecnica e linea melodica, una delle forme predilette di Bach e che a lui deve molto, ossia la fuga.
La pianista Giovanna Pezzetta ha eseguito diversi brani dell'autore, soffermandosi in particolare su una fuga a tre voci tratta dal "Clavicembalo ben temperato" ; per renderla più chiara al pubblico, ha provato a rappresentarla come il dialogo fra tre fratelli, a cui aveva dato i nomi di Giacomo, Umberto e Samuele: molto simili fra loro ma ognuno dotato di specifiche caratteristiche. Quando poi siamo stati invitati a chiamarli per nome non appena li sentivamo sul piano, un luccichio divertito ha attraversato gli occhi di ogni spettatore.
Bach rimase fedele al carattere indipendente e imprededibile di questa forma musicale fino alla sua ultima opera, intitolata appunto "L'arte della fuga", rimasta incompiuta. C'è chi pensa che questa mancanza non sia tanto dovuta alla fatalità quanto ad una ragionata scelta dell'autore, rispettoso del carattere impetuoso della fuga: un'ipotesi forse improbabile ma sicuramente molto affascinante. 




Voi sapevate che il cognome di questo grande musicista, in tedesco, significa 'ruscello'?
È infatti sulle note del pianoforte di Giovanna Pezzetta e sulla domanda dell'autrice che l'evento "L'ultima fuga di Bach" è incominciato questa mattina. Chiara Carminati, autrice del medesimo libro, ha accompagnato le dolci note del piano raccontando la storia di Johann Sebastain in una forma narrativa davvero curiosa: Bach veniva descritto dalla fantasia dell'autrice attraverso personaggi venuti in contatto col musicista.
Dal trisavolo mugnaio che suonava la cetra al ritmo delle pale del mulino alla moglie del fratello maggiore Dorotea; dal vicino di casa che lo sorprende in piena notte a copiare spartiti proibiti all'organista di Lubecca intenzionato a maritare la figlia; dalla cugina Maria Barbara di cui nascondeva un timido amore all'uccellino Pipolet, fiero di essere l'ispiratore di tante 'fughe', ogni parte del racconto era accompagnato da una fuga diversa per rafforzare o modificare l'atmosfera nella sala.
L'evento si conclude con le parole di un giovane suonatore di violoncello: Dario, originario di Mantova, che ha ispirato l'autrice in altre storie. Egli, parlando ad un adesivo di Bach delle proprie peripezie giornaliere, ricorda le parole di Beethoven: egli infatti sosteneva che Sebastian si sarebbe dovuto chiamare Oceano al posto di Ruscello (di cognome), per elogiare le sue grandi doti musicali e l'eternità delle sue opere, profonde e vaste come gli abissi.

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