06/09/2013

SCRIVERE D'ARTE, SCRIVERE DI CALCIO

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Che cosa accomuna il mondo dell'arte a quello del calcio? La genialità, l'estro, l'espressione di talenti inclassificabili e mal riconducibili a una scuola o a un maestro? Oppure la loro trasformazione - artisti o calciatori che siano - in star mediatiche, in personaggi che devono cercare sempre di essere a contatto col denaro, al centro di un mondo della comunicazione in costante mutamento? Luca Beatrice - con uguale passione e uguale spirito critico - ha curato mostre e pubblicato libri dedicati all'arte contemporanea (Pop; Sex) ed è stato opinionista di Juventus Channel e Hurrà Juventus. Delle affinità tra pennelli e palloni dialoga con il giornalista Carlo Annese.
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«Il motivo per cui Luca Beatrice è qui oggi è che il campionato è fermo» commenta con un sorriso Carlo Annese «però c'è la nazionale, come la mettiamo con la nazionale?». «Beh» commenta Beatrice «la nazionale è una squadra a cui noi della Juventus ogni tanto prestiamo dei giocatori per farli vincere». 
Luca Beatrice è critico d'arte e professore dell'accademia Albertiana di Torino, ha curato il padiglione Italia della biennale di Venezia del 2009 e pubblicato recentemente "Sex" una retrospettiva sulla pornografia nell'arte "da Coubert a Youporn". Sopra ogni cosa però, Beatrice è un tifoso sfegatato della Juventus. Sembra quasi di stare davanti ad un moderno Dr Jekyll; posato ed intellettuale al museo dove «bisogna darsi un tono» e scatenato e senza pudori allo stadio. Siamo abituati a pensare al calcio e all'arte come due mondi distinti che non hanno nulla a che vedere l'uno con l'altro. Come se il calcio fosse un'attività per zoticoni mentre l'arte un divertimento riservato agli accademici e le due passioni non possano essere complementari. Invece la comunicazione tra i due mondi è possibile e non necessariamente forzata. Ne è un esempio "110 anni ad opera d'arte" la pubblicazione di Beatrice che celebra l'ultimo anniversario bianconero accostando foto dei traguardi e giocatori storici ad immagini tratte dalla storia dell'arte. Del Piero è accostato al Pinturicchio, che è anche il soprannome affidatogli da Agnelli perché era bravo, ma non era Baggio (che era detto invece 'Raffaello'). 
Sempre di più il calcio sta diventando una fatto di apparenza e di immagine. Le squadre e i calciatori stanno diventando delle vere e proprie vetrine, con una pianificazione ferrea della comunicazione. Ormai, soprattutto nell'Italia contemporanea, il calcio è entrato a far parte della cultura popolare del paese ed è parte imprescindibile dell'immaginario collettivo.
C'è però anche un lato poetico, emotivo, nel fare sport. Si tratta, come per l'arte, di trasmettere emozione ed aprire nuove strade. D'altronde arte e calcio si fondano entrambi su alcuni concetti fondamentali: armonia, continuità e fluidità. Sia una pennellata che un rigore richiedo controllo e fantasia, come per fare un passaggio e dipingere un quadro servono una notevole capacità di preveggenza e di abilità.  

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