07/09/2013

VERA FOTOGRAFIA

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Mimmo Jodice è uno dei grandi nomi della storia della fotografia italiana. Artista di avanguardia fin dagli anni sessanta, è stato protagonista instancabile nel dibattito culturale che ha portato all'affermazione della fotografia italiana in campo internazionale. La ricerca artistica di Francesco Jodice si rivolge invece ai mutamenti del paesaggio sociale contemporaneo in relazione all'antropologia urbana, proponendo una pratica dell'arte come poetica civile. Per la prima volta Mimmo e Francesco, padre e figlio, due generazioni della fotografia italiana contemporanea dialogano e si confrontano intorno alla fotografia, la città, l'impegno sociale dell'arte e lo sguardo su di un mondo in profonda trasformazione. Li incontra l'architetto Luca Molinari.
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Italiano
Mimmo e Francesco Jodice: padre e figlio, due generazioni diverse, due linguaggi diversi e due maestri che hanno profondamente influenzato (e continuano ad influenzare) la storia della fotografia.
Al di là delle differenze, nell'incontro di questo pomeriggio Luca Molinari ci mostra l'esistenza di alcune tematiche comuni nei lavori dei due fotografi ed in particolare un legame con la realtà e l'epoca storica, sociale e culturale in cui vivono.
Nell'opera di entrambi è presente una sezione definibile 'fotografia sociale', nata dalla necessità di usare la fotografia come mezzo per far sì che lo spettatore rifletta e acquisisca consapevolezza. Per Mimmo siamo nel periodo che va dal 1968 al 1975, una stagione in cui l'arte è fortemente compromessa con la realtà e gli artisti in vari campi sentono la necessità di un impegno politico. Da tutto ciò emergono le foto sul colera, il lavoro in fabbrica, gli ospedali psichiatrici; immagini simboliche che, lontane dalla «volontà di tormentare le cose» propria del fotoreporter, riescono a trasmettere la sofferenza e il disagio dei soggetti ritratti.
Con Francesco siamo invece in un periodo storico completamente diverso, ma questa necessità di indurre lo spettatore a ragionare sulla contemporaneità e i suoi fenomeni rimane, dando vita alla fotografia urbana, che interpreta i luoghi in cui viviamo come luoghi dell'identità e, dopo l'11 settembre, alle immagini che ritraggono l'apparente scontro di civiltà e la chiusura in se stessa della società contemporanea.
Entrambi i fotografi dedicano inoltre parte delle loro opere alla città. Mimmo Jodice comincia a ritrarre le città negli anni ottanta, in un periodo di disillusione innanzi al mancato cambiamento che gli artisti pensavano di poter produrre con le proprie opere. Le città di Mimmo sono immagini spettrali, senza tempo, prive di qualunque presenza umana, così come di ogni elemento della contemporaneità, ma pur sempre riconoscibili. Francesco invece ritrae luoghi difficilmente collocabili, dettagli che non permettono di capire immediatamente dove sia stata scattata la foto, a dimostrazione della globalizzazione dei luoghi propri del mondo contemporaneo.
L'incontro si conclude con le immagini delle esposizioni che nel 2011 Mimmo e Francesco realizzarono sul museo del Prado (Francesco) e del Louvre (Mimmo), dimostrando come, pur senza consultarsi, lo sguardo di entrambi si sia concentrato sul soggetto umano che visita il museo o vi lavora, per provare che tali luoghi non sarebbero nulla senza le persone.

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