04/09/2014

ALLA RICERCA DEL MODELLO PERDUTO

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In attesa di un vento favorevole che possa orientarci per il futuro, il sociologo Domenico De Masi ci aiuta a capire alcuni modelli culturali che hanno pervaso la storia dell'uomo e ne hanno determinato progressi e sventure. Questa mappa concettuale, questa "Mappa Mundi" - per riprendere il titolo del suo ultimo libro - dovrebbe aiutarci a disvelare una direzione in un mondo che sembra aver perso l'orientamento. Ne siamo capaci? Abbiamo gli strumenti per costruire un nuovo modello virtuoso?
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«Venti, trent'anni fa, quando viaggiavo in Sud America, mi capitava di notare questo: che loro erano depressi, e noi euforici, perché il nostro era il modello culturale ed economico vincente. In seguito, circa una decina d'anni fa, è incominciata una graduale inversione di tendenza: loro incominciavano a ed essere euforici, e noi a deprimerci. Oggi abbiamo raggiunto la parità: siamo tutti depressi, finalmente».   Domenico De Masi riassume così, con la consueta e sottile ironia, la serie di mutamenti storici, politici ed economici che hanno investito il mondo occidentale dagli anni Ottanta ad oggi. Una boutade, certo, ma è questo il punto di partenza per la "Ricerca del modello perduto" che De Masi ha intrapreso nel suo "Mappa Mundi", pubblicato da Rizzoli nel Febbraio 2014, e presentato oggi nella Basilica Palatina di Santa Barbara.  La 'depressione' degli anni '10 coincide dunque col declino apparentemente inarrestabile del modello occidentale: al crollo delle economie corrisponde la crisi di valori culturali, e così «Madame Bovary era infelice, ma la sua infelicità si poneva all'interno di un sistema storico e culturale ben preciso, con contorni netti e a loro modo rassicuranti. Oggi quei confini sono sbiaditi, si perdono nella carenza di un modello condiviso di società».  La differenza con il passato, quindi, è che oggi, di fronte all'ennesima crisi epocale, non c'è traccia di un'elaborazione teorica che possa farle fronte: nulla di paragonabile alle teorizzazioni di Smith, o al lavoro di Diderot e D'Alembert; nulla, in sostanza, che definisca chiaramente lo spirito e il senso di un'epoca che arriva al suo punto di svolta; nessun concetto che, condiviso, possa aiutarci ad attraversare il guado. Non bisogna scavare troppo a fondo in questo ragionamento, per trovare una critica al modello capitalistico.  E infatti De Masi cita positivamente le previsioni di Keynes sulla riduzione degli orari di lavoro, e segnala la prossima pubblicazione in Italia de "Il capitale nel XXI secolo" di Thomas Piketty. Dunque, che fare? Da sociologo, De Masi ha raccolto quindici tra i più interessanti e rappresentativi modelli sociali creati dall'uomo nell'arco della storia. La soluzione, per noi, sta nel confronto tra i punti di forza dei vari modelli, sulla strada di una condivisione più compiuta di riferimenti culturali e produttivi: il 'meticciato culturale' ci salverà.  

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