05/09/2014

UNA MAPPA DEL TEMPESTOSO PRESENTE

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Due avvenimenti hanno segnato la storia degli ultimi tre decenni: la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e l'attacco alla Torri Gemelle nel 2001. Partendo da questi due avvenimenti, si ricostruiscono attraverso parole e immagini le vicende della nostra storia recente, segnata dall'eccesso e dall'estremismo, da una serie di conflitti a bassa intensità che vengono combattuti lontano dai nostri occhi di europei, ma di cui sono piene le fotografie dei nostri giornali e di cui ci parlano continuamente romanzi e opere d'arte, oggetti e performance. Marco Belpoliti, dando forma a un racconto ispirato al suo recente 'romanzo in forma di saggio', L'età dell'estremismo, ci restituisce l'immagine di un mondo dominato da due prospettive solo apparentemente opposte: «la banalità ininterrotta e un terrore inconcepibile», come ebbe a dire Susan Sontag.
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Marco Belpoliti è stato spesso definito «un intellettuale onnivoro». Critico letterario, scrittore, saggista e professore universitario, si nutre di tutto, anche di storia, pur non essendo uno storico. Quello che ha presentato al Festivaletteratura Venerdì 5 settembre è il suo ultimo libro: "L'età dell'estremismo", un'opera complessa che cerca di analizzare attraverso immagini e suggestioni la storia mondiale in un periodo compreso fra il 1989 e il 2012. Un «romanzo d'idee» ispirato alle considerazioni di una grande pensatrice del secolo scorso, Susan Sontag che, come una premonizione dei tempi a venire, già negli anni Sessanta disse: «La nostra è effettivamente un'epoca di estremismi. Viviamo infatti sotto la minaccia continua di due prospettive egualmente spaventose, anche se apparentemente opposte: la banalità ininterrotta e un terrore inconcepibile». L'eccesso e l'estremismo ci affascinano, anche se allo stesso tempo ne abbiamo paura; il libro di Belpoliti è un percorso all'interno di questo precario equilibrio fra orrore e attrazione. È un viaggio che procede per associazione di idee, continui rimandi, moltiplicazione e accumulazione di elementi di sociologia, politica, arte, filosofia ed estetica. Si parte dagli anni Ottanta, con la caduta del muro di Berlino, per arrivare al crollo delle Torri Gemelle nel 2011, tornando indietro fino alla Seconda Guerra Mondiale per cercare le cause dell'«estetica del frammento e delle macerie», che sembra essere la cifra stilistica di questa nostra epoca.  Cosa hanno in comune i kamikaze giapponesi, il viaggio di Foucault in Iran alla fine degli anni Settanta, "I versi satanici" di Salman Rushdie, il ritorno dell'ayatollah Khomeini, la guerra con l'Iraq raccontata nella graphic-novel "Persepolis", i seguaci del culto di Aum, Unabomber e il funambolo Philippe Petit? L'eccesso, inteso come «la libertà di uscire», secondo una definizione dello psicoanalista inglese Adam Philips. Da cosa vogliamo uscire quando eccediamo? Questa la domanda attorno a cui ruota il caleidoscopio letterario di Belpoliti senza mai giungere a una risposta definitiva. Un libro che apre molte strade, strade a volte infinite e a volte senza uscita; un libro che si propone di sottolineare l'eterno ritorno della storia per insegnare a coglierne i presagi ed evitare di vivere nell'eterno presente di chi ha perso la memoria storica, di cui Hobsbawm parla nel suo "Il secolo breve". Ma anche un tentativo di attribuire agli eventi storici un'importanza estetico-visiva ed evocativa, forse l'unico metodo di comprensione applicabile a una realtà così vasta e complessa come quella contemporanea. «Una mappa del nostro tempestoso presente», una delle infinite possibilità di interpretazione di sintomi e presagi storici, senza alcuna pretesa intellettuale se non quella di porre dei quesiti alle future generazioni, «sperando - come dice l'autore nei ringraziamenti - che ne sappiano fare buon uso negli anni a venire».

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