05/09/2014
IL LINGUAGGIO DELLA POLITICA
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Il linguaggio della politica sfida i millenni. Le dinamiche con cui ci confrontiamo oggi - al di là delle contingenze storiche - sono quelle che interessavano la città-Stato greca e l'Italia romana di cui scrivevano Tucidide o Sallustio. Non è un caso se, ancora oggi, nell'analisi dei sistemi politici utilizziamo le tipologie definite da Erodoto - democrazia, oligarchia, tirannide -, su cui hanno continuato a riflettere prima di noi Machiavelli, Hobbes, Montesquieu. Luciano Canfora, filologo e studioso di storia antica, torna su uno dei temi che hanno attraversato trasversalmente tutta la sua ricerca (La democrazia. Storia di un'ideologia; Esportare la libertà; Intervista sul potere), proponendo un confronto reciprocamente illuminante tra l'esperienza antica e gli attuali fenomeni politici.
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Italiano
«Argomento di un certo pessimismo, almeno nel titolo». Inizia così l'incontro con Luciano Canfora a Palazzo San Sebastiano sul linguaggio della politica. Ma subito lo storico, seguendo il 'credo' che pervade tutti i suoi testi, racconta il nobile passato della politica per capire meglio il suo significato presente, chiarirlo e in qualche modo anche nobilitarlo. Perché parte tutto proprio dal significato di 'politica', di 'polis', di 'politeia' come 'stare insieme'. Platone attraversa tutte le forme di governo possibile ad Atene e da tutte viene deluso. Democrazia, oligarchia e tirannia in qualche modo e per diversi motivi sono incomplete e portano al fallimento. L'unica soluzione è il governo dei filosofi, l'unico buon governo possibile. Idea di politica alta, ovviamente. Magari lontana dalla considerazione che ne abbiamo oggi. Ma l'uomo è un "animale politico", non può fare a meno di vivere all'interno della polis e collaborare con gli altri. Da allora la politica è tutto nel mondo greco come in quello romano, vengono provate tutte le soluzioni e ogni volta il dibattito fiorisce e arricchisce. E nasce ovviamente anche il linguaggio della politica. Sicuramente dal Congresso di Vienna, ma anche prima, gli esempi sono innumerevoli. Ma è forse quando ci si rivolge al popolo, e non solo a pochi illuminati, che il linguaggio vero e proprio prende forma. Pensiamo per esempio alle forze reazionarie che sconfissero Napoleone e la rivoluzione francese. Inglesi liberali, zar della Russia, nazionalisti prussiani, imperialisti tedeschi. Tutti a gridare di aver riportato la libertà in Europa contro il tiranno francese, quando invece Napoleone fu il portatore di quei valori rivoluzionari che facevano della libertà e dell'uguaglianza le parole chiave. Ma lui diventò anche imperatore, in un cortocircuito schizofrenico dove il linguaggio politico descriveva e giustificava tutto e anche il suo contrario. Linguaggio politico distorto, ma proprio per questo autentico, se dobbiamo dare retta al "Principe" di Machiavelli. In più, questo linguaggio (per volontà od opportunità) è sempre approssimativo e non riesce mai a cogliere l'interezza della situazione. Alla fine del congresso, Bismark trionfa sulla Francia e dichiara a sua volta l'Impero. Il carisma portato a sistema, carisma come capacità di mobilitare le masse attorno alla propria personalità. Applicare il principio di Machiavelli quindi è necessario e l'uso distorto del linguaggio della politica ha le sue necessità. Così come le ebbe nel 1935 prima della conquista dell'Etiopia. Ma subito dobbiamo fare i conti con un 'soggetto' ancora più pericoloso: gli strumenti di informazione che fanno opinione e spostano consensi. È questo linguaggio indiretto che ci dovrebbe spaventare. Durante il ventennio fascista si legò il consenso ad un controllo capillare della stampa (le famose veline). Sprofondando sempre di più, oggi le veline non ci sono ma è 'nata' un'accondiscendenza automatica al potere veramente disarmante. Anche questo in verità era già stato visto. Augusto imperatore muore nel 14 d.C. e 'riconsegna' lo stato in mano al Senato e al popolo di Roma. Con un discorso di Tiberio (figlio e successore) davanti a tutti i senatori, i quali alla fine consegnano al nuovo imperatore la propria servitù spontaneamente. Nonostante tutto, soprattutto oggi dobbiamo riscoprire la vera politica e il suo linguaggio. Perché una coscienza politica si impara solo 'facendo' politica. E bisogna rilanciare l'idea che la politica sia proprio il compimento della nostra coscienza. Solo in questo modo si impediscono derive pericolose.