07/09/2017

MEMORIE DI UN DESIGNER ETERODOSSO

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Designer umanista ed eclettico, architetto, artista, ma anche cineasta (e attore), editor, musicista, fumettista e docente, nei suoi oltre cinquant'anni di carriera Ugo La Pietra si è sempre mosso ai margini del sistema. Teorico del genius loci, ha riscoperto il valore del fare artigiano in tempi in cui quasi tutti celebravano le «magnifiche sorti e progressive» della produzione industriale di serie. Al centro del suo lavoro, non di rado con ironia, La Pietra ha sempre posto il rapporto individuo-ambiente; con sguardo antropologico ha riflettuto sulle trasformazioni delle città e ha proposto soluzioni per la vivibilità e per la sostenibilità, anticipando i tempi in cui questi sarebbero diventati concetti centrali non solo nell'ambito del design. A dialogare con Ugo La Pietra, che nel 2016 ha ricevuto il Compasso d'Oro alla Carriera, sarà l'architetto, storico e critico di architettura Luca Molinari.
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A Festivaletteratura, i diversi ambiti del mondo del progetto emergono anche grazie a storie di vita, di metodo, di idee e di occasioni. Una vita speciale, sfaccettata, generosa e (meraviglia!) difficilmente definibile è quella di Ugo La Pietra, in dialogo con Luca Molinari. Osservatore critico del reale, architetto e progettista - davvero - a tutto tondo, La Pietra si definisce da sempre «ricercatore nel sistema delle arti visive» (ché tra gli anni Sessanta e Settanta, quasi ci si vergognava a definirsi artisti): una ricerca che lo ha visto coinvolto nel pensiero e nella progettazione di segni speciali, dalla casa alla città. Un'altra definizione di La Pietra viene data da Molinari: «intuitore di processi». Anche con decenni di anticipo, anticipatore e creatore di gesti importanti, che oggi ricevono una forse maggiore attenzione. Gesti non solo grafici (dalla tela all'installazione, dalla ceramica al legno e alla pellicola cinematografica), sempre liberi e sempre tesi alla rottura dell'equilibrio: segni randomici e densi, rivolti alla struttura organizzata della società o di un settore di essa, per suggerire e costruire consapevolezza. Una consapevolezza che trovi spazio sia dentro sia fuori dai muri: celebre il suo «Abitare è essere ovunque a casa propria», motto preso in prestito dall'Internazionale Situazionista con cui La Pietra ha creato (e messo in scena in prima persona) atti e oggetti dedicati al rapporto tra spazio pubblico e spazio privato; o - tra i tantissimi lavori - il film "La riappropriazione della città" (1977), che rivela una serie di pratiche per prendere coscienza dello spazio urbano. Mentre oggi, riflette il maestro, architetti e designer pare confondano la parola ABITARE con la parola USARE e lasciano la fisionomia della città in mano alla violenza del sistema commerciale. L'interesse di La Pietra, invece, era rompere l'equilibrio di una società, ma non come impegno politico in senso stretto. Non era rifiuto, non era utopia, ma era progetto: progetto non nella logica della società, ma in termini creativi - e dunque di vera sfida, contro e al contempo al centro. Perché un tempo al centro del processo dell'arte c'era davvero la figura dell'artista. E le città, oggi? Secondo La Pietra, prima di progettare qualcosa, la città la si deve guardare per davvero e con grande attenzione.

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