QUEL CONFINE INCERTO FRA PAROLA E MONDO
«Ultimamente ho detto spesso 'età dell'estinzione'. Cambiamento climatico è un termine vago che non trasmette urgenza. Penso dovremmo usare più spesso proprio la parola estinzione, perché è imminente, sta succedendo ora; e dicendolo possiamo concentrarci non solo sulla scomparsa delle altre specie, ma anche su quella degli esseri umani». C'è un confine all'apparenza invalicabile tra il reale e l'immaginato, tra il personale e il politico, e su questa linea invisibile si muove con maestria Elvia Wilk (Oval), indagando come la narrativa sia in grado di rapportarsi alle catastrofi che interessano la nostra contemporaneità. In una raccolta di saggi dal sapore weird (Narrazioni dell'estinzione) – tra misticismo, donne che diventano piante o che si innamorano di buchi neri – Wilk riflette, fino a entrare tra le righe dei suoi scritti, sulla misura che ha il narrare nell'epoca della sparizione. La incontra lo scrittore Fabio Deotto (L'altro mondo).
L'autrice parlerà in inglese, con interpretazione consecutiva in italiano.
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