05/09/2003

Imre Kertész 
con Alessandra Orsi

2003_09_05_101
«Anche quando parlo di tutt'altro, io parlo di Auschwitz. Io sono un'espressione dello spirito di Auschwitz». Premio Nobel per la Letteratura 2002, Imre Kertész è ritornato più volte sul tema della disposizione all'adattamento che subentra nell'uomo di fronte alla necessità di sopravvivere ad esperienze estreme. Nella disponibilità ad accettare le regole di Auschwitz, Kertész ritrova la stessa radice del conformismo a cui si adegua il vivere sociale. L'autore di "Essere senza destino" e "Fiasko" dialoga con Alessandra Orsi.



L'evento 101 ha subito variazioni rispetto a quanto riportato sul programma. Originariamente il suo svolgimento era previsto presso Piazza Castello.
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Italiano
Ungherese
C'era un «parterre de roi» per l'ungherese Imre Kertész al Festival, dopo aver ricevuto nel 2002 il premio Nobel, arrivato dopo tanti anni di sforzi letterari, da cui sono nati "Essere senza destino", "Fiasko" e "Kaddish per un bambino non nato", quest'ultimo di prossima uscita in Italia. Deportato ad Auschwitz appena quindicenne, Kertész ha confessato, in un incontro molto intenso, di aver sentito l'esigenza di diventare scrittore perché «durante gli anni della dittatura stalinista avevo deciso di vivere liberamente, e dunque scrivere per me era, ed è, l'unico modo per esserlo». Ha usato parole chiare e delicate, che hanno lasciato un segno nella coscienza del pubblico, rapito da un personaggio straordinario per la semplicità, quasi naif, con la quale è riuscito a ricreare e trasmettere (e non ricordare, come ha ribadito più volte) la memoria di una delle pagine più orrende della storia dell'uomo, vissuta in presa diretta.

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