06/09/2003

IL MITO DI CAPRI


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All'inizio del secolo e fino al primo dopoguerra, Capri ha rappresentato il polo magnetico attorno al quale ha ruotato grandissima parte della cultura e della politica: anarchici, socialisti, futuristi, «profeti» d'ogni parte del mondo sono transitati per la piccola isola dell'arcipelago partenopeo. Lea Vergine, autrice di "Capri 1905/1940", racconta di questo mito che ha quasi superato il fascino naturalistico dell'isola.

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Italiano
C'era una volta un luogo di sole e di mare, di libertà e tranquillità, un luogo dove ognuno era chiamato a lasciare la sua testimonianza. In molti, anarchici e futuristi, scrittori, filosofi e pittori hanno così camminato sulla pietra di quest'isola non troppo lontana, tracciando percorsi che hanno contribuito a creare un mito, quello di Capri. E' questa la storia che Lea Vergine, scrittrice napoletana, ci ha raccontato. Oggi Capri è un'affermata meta turistica e purtroppo troppe persone sembrano aver dimenticato la grandezza di quella che è stata una perla culturale del mediterraneo. Così, tra aneddoti e ricordi della scrittrice, ci siamo avventurati nel Monacone, casa di Monica Mann, figlia del celeberrimo Thomas, nella meravigliosa villa di Malaparte, nel mondo degli indifferenti abitanti Capresi che tollerano qualsiasi comportamento dei loro turisti, a meno che non vi siano coinvolti i propri figli. Si è acceso, successivamente, un interessante dibattito incentrato principalmente sul concetto di arte, concluso dalla scrittrice con una frase esemplificativa: «Oggi per molti l'arte è un riflesso dell'Amore, un'utopia necessaria. Perché se di illusioni si vive, di disillusioni si decede».

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