08/09/2006
William Boyd con Enrico Franceschini
2006_09_08_117
«La mia intenzione è quella di creare qualcosa che sia 'credibilmente vero'. (...) Voglio che il senso di finzione scompaia o, in altre parole, voglio nascondere la finzione nel mondo dei fatti. In questo modo, la finzione acquista 'potere'». William Boyd è considerato uno dei grandi scrittori inglesi viventi. Con il suo romanzo d'esordio, "A Good Man in Africa", ha vinto il Whitbread First Novel Award. Incontra l'autore del recente "Inquietudine" il giornalista Enrico Franceschini.
L'evento 117 ha subito variazioni rispetto a quanto riportato sul programma. Originariamente il suo svolgimento era previsto presso il Chiostro di San Francesco.
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La paura della pioggia suggerisce di spostare l'evento di William Boyd dal chiostro di S. Francesco al sovrastante salone mantegnesco dell'università. Introdotto dal giornalista Enrico Franceschini lo scrittore inglese non si scompone per la mezz'ora di ritardo e descrive come per l'ultimo libro "Inquietudine" abbia voluto scrivere una storia ben architettata e che funzionasse alla perfezione. La spy story permetteva di entrare nella interessante psicologia di una figlia che scopre come la madre sia stata una spia durante la seconda Guerra Mondiale. Spronato dalle domande del pubblico, tra cui il suo traduttore italiano che è tra i pochi ad avere letto il romanzo uscito in questi giorni in Italia, lo scrittore nato in Ghana rivela quello che gli piace di qualsiasi romanzo: la possibilità di liberare l'immaginazione per andare in luoghi mai visti e poter diventare persone che mai avrebbe potuto essere. Per concludere, Boyd suggerisce un ottimo metodo per smascherare narratori mediocri, basta notare quanti stereotipi mettono nella narrativa, nei personaggi e nella lingua. Impegno di ogni vero scrittore è quello di evitarli e fornire al lettore originalità.