06/09/2007

LA VITTORIA DELLA REALTÀ

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Maria Stella Conte ha un modo personalissimo di raccontare le storie femminili. Le protagoniste dei suoi romanzi scivolano in mondi fantastici, dove tutto sembra succedere magicamente, con una tenerezza e un'umanità che non si dà altrove. Ma al dolore della realtà non riescono a sfuggire. Con l'autrice di "La casa dei gusci" di granchio dialoga Daria Galateria, critica letteraria.

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Italiano
Maria Stella Conte è una giovane voce della letteratura italiana. Giovane non nel senso anagrafico (e speriamo che qui non si offenda, anche perché in realtà, in quanto a spirito potrebbe far sbiancare qualunque trentenne!), ma nel senso più strettamente letterario del termine. "La casa dei gusci di granchio" è il suo secondo romanzo, un libro che per forma si distacca da quello d'esordio, "Terza persona singolare", ma ha con esso in comune la descrizione di un amore lacerato e lacerante. L'autrice è stata intervistata, giovedì pomeriggio da Daria Galateria, studiosa di letteratura e cultura francese, docente e saggista che nella sua carriera si è occupata in particolare di memorialistica femminile tra sei e settecento. Le sue domande incalzanti, oltre ad un abbozzo della trama del romanzo, hanno permesso al pubblico di 'spiare' scrittura della Conte scoprendo che "La casa dei gusci di granchio" racchiude tra le pagine amore, dolore, lacerazione, desiderio, purezza, passione e fantasia. È una favola che parola dopo parola si trasforma in un noir, è la storia di una donna che d'un tratto si scopre stanca di essere dalla parte dei buoni e senza agire riesce a dimostrarsi più spietata di un assassino. All'incontro, però, hanno trovato spazio anche ampie riflessioni sul lavoro dello scrittore e sulla scrittura, sui linguaggi, sul sogno e sul mercato editoriale. Non per altro, è l'autrice stessa ad affermare: «penso che in ognuno di noi alberghino più registri. Non parliamo una sola lingua: c'è il sentimento, la ragione e la fantasia, abbiamo immagini, colori e parole. Anche per questo il mio romanzo si sviluppa su generi diversi in un continuum che comunque non soffre di pause o vuoti».

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