07/09/2007

David Grossman con Peter Florence


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Autore di numerosi romanzi, di libri per ragazzi, nonché di saggi e articoli pubblicati dalle più prestigiose testate internazionali, David Grossman è senza dubbio uno degli scrittori israeliani più amati e stimati nel mondo. Grande amico di Festivaletteratura, l'autore di! Con gli occhi del nemico! dialoga con Peter Florence, direttore del festival di Hay-on-Wye. 

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David Grossman viene accolto in Piazza Castello da uno scroscio di applausi insolito, sorto spontaneamente da un pubblico che sente vicino questo autore soprattutto per le sue vicende umane. Tutti sono partecipi del suo dolore legato alla scomparsa del figlio Uri avvenuta un anno fa, proprio per mano della guerra che lui ha sempre condannato. Nonostante il peso della perdita il suo lutto permanente si capisce solo dalla sua camicia nera. Risponde con entusiasmo alle domande di Peter Florence, descrive cosa prova a scrivere in ebraico, lingua dei padri con una storia millenaria, del modo in cui l'essere scrittore lo spinge a vivere con i suoi personaggi, che crescono nell'arco di anni e che lasciano un vuoto nel momento in cui assumono vita propria. La voce tradisce emozione senza però incrinarsi, anche quando si parla di Uri e di come possa vivere in lui ancora il desiderio di scrivere nonostante tutto. Il suo ultimo libro, in lavorazione da anni, si intitola "Con gli occhi del nemico", ed è stata proprio la lavorazione a questo testo che gli ha permesso di andare avanti, di non morire a sua volta. La scrittura come ancora di salvezza perché vocazione di vita. Con un sorriso dice infatti ai lettori presenti «Mi ringraziate per qualcosa che amo fare». Non smetteremo mai di ringraziarlo. Una spettatrice domanda: «quando pubblicherà le lettere di Myriam?» (protagonista 'nascosta' del romanzo " Che tu sia per me il coltello") e David Grossman, in modo sorprendente ed insolito, risponde: «È talmente bella questa domanda che evito di rispondere per non rovinarla!». E parte l'applauso: intenso e scrosciante per l'interesse e le emozioni che hanno caratterizzato l'evento clou del pomeriggio mantovano. Anomalo che nel raccontarvi quando sia accaduto, io parta dalla fine ma proprio quegli ultimi istanti hanno permesso a tutti di comprendere la grandezza di quest'autore; grandezza che si unisce ad umiltà e sensibilità, derivati, forse, da esperienze di vita non facili, non comprensibili se non si entra fino in fondo nell'intimo di questo israeliano amato e conosciuto in tutto il mondo. In ciascun pezzo giornalistico, romanzo o saggio nel quale si cimenta, riesce a cogliere e riportare, con uno stile unico e analitico, tutti gli aspetti, più segreti ed intimi, dei suoi personaggi. Il suo stile mette totalmente a nudo l'anima dei protagonisti dei suoi scritti e,tutto ciò, trasmette al lettore la sensazione di essere 'di troppo' all'interno della vicenda. Leggendo Grossman, siamo tutti un po' 'guardoni'. Tuttavia in tutta questa profondità non manca, a volte, una sensazione di claustrofobia, dettata dalla contemporaneità, dai dolorosi eventi storici che hanno segnato la storia del suo popolo, per il quale, tuttora, sembra lontana la pace. Scrivere è per l'autore il mezzo più semplice per modificare la realtà, che facilmente aliena l'uomo; la lingua dei suoi lavori è vera, priva di scuse e pretesti, e permette, allo scrittore e contemporaneamente al lettore, una rinascita e una spinta al cambiamento. La lunga 'gestazione' che anticipa la pubblicazione dei suoi romanzi è data dal suo estremo immedesimarsi nella vicenda; Grossman conduce se stesso all'interno della trama, si immedesima in ogni personaggio per comprenderlo ed entrare nel sua intimità. Eppure, ad un tratto, si attiva un inconscio 'censore' e la conoscenza si ferma alle parti luminose dell'altro, o del personaggio del romanzo, ed ignora le zone d'ombra, quelle che nemmeno noi siamo capaci di confessare. "Io voglio essere quel personaggio": premessa fondamentale per comprendere l'approccio interiore che Grossman sperimenta con ciascuno dei suoi protagonisti, cogliendo il piccolo fascio di luce donatogli da ciascuno. E solo quando l'autore comprende il personaggio, avverte un senso di gratificazione e sente la spinta ad andare avanti dopo aver superato le difficoltà, tipiche della conoscenza dell'essere. Ad un tratto i toni diventano cupi e mesti e sembra che la luce che illumina la tenda diventi scura, quasi fosse complice di quel momento: l'autore prende un figlio sul fronte libanese. Una reminiscenza dei miei passati studi, mi permette di paragonare questo David Grossman a Giuseppe Ungaretti, che dopo la morte del figlio, penserà alla sua vita come ad un calvario: un monte di dolore dal quale è impossibile venire fuori per qualche sentiero. Grossman, nei giorni di lutto, avverte un senso di spossatezza e fra sé pensa che sia la fine, che tutto è compiuto, che nulla ha più senso. Eppure c'è un barlume di speranza che lo spinge a trovare nella scrittura la rinascita: una piccola stanza, una risma di carta ancora da scrivere, le idee che pian piano prendono forma sui bianchi fogli sono i piccoli segni del ritorno alla vita. Sarà lunga l'attesa per il nuovo romanzo ma sicuramente, non appena avremo modo di leggerlo,saremo grati, per l'ennesima volta, a David Grossman che, nero su bianco, non ci nega di apprezzarre il suo talento letterario ed il suo ego profondo.

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