04/09/2008
Scott Turow con Irene Bignardi
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«Il compito di un avvocato è simile a quello di uno scrittore: ascoltare tante voci, riunire tutto in qualcosa di coerente e universale. D'altra parte, l'avvocato che pensa non sia importante rivolgersi a tutti, è destinato a perdere la causa». Scott Turow ha continuato ad esercitare la sua professione di avvocato anche dopo il successo planetario dei suoi romanzi. Da molti è considerato l'inventore del legal thriller: tutti i suoi libri ("Presunto innocente"; "Prova d'appello" tra gli altri) hanno come sfondo l'ambiente giudiziario americano. Lo incontra la giornalista Irene Bignardi.
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Scott Turow è un avvocato, è uno scrittore, è un americano. Nella stupenda cornice di Piazza Castello, stuzzicato dalle domande di Irene Bignardi, il piccolo (ma solo di statura) inventore del genere legal-thriller, autore di libri come "La legge dei padri" ('eroi normali'), ma soprattutto "Presunto innocente", ripercorre la sua vita di studente (prima di letteratura inglese poi di legge), di scrittore e di avvocato. Per quasi quaranta minuti nessuna scintilla, poi, quando finalmente la Bignardi si ricorda di essere una giornalista, porta il discorso sulla pena di morte (contro cui Turow si batte) e sul caldissimo tema delle elezioni americane. In teoria il piccolo scrittore americano non potrebbe sbilanciarsi, non potrebbe dire che voterà Obama e che spera fermamente nella sua vittoria, ma lo fa. «Se aveste un amico che concorre alla presidenza degli Stati Uniti d'America, non sperereste nella sua vittoria?» chiede al pubblico. Eh si, perché questo piccolo scrittore e il candidato democratico sono stati compagni di università, ad Harvard.