05/09/2008
IL CORPO OLTRE . Come superare i limiti biologici: la via dei farmaci
2008_09_05_069
Ogni giorno dobbiamo garantire un certo livello di prestazioni. E soprattutto dobbiamo essere felici, a tutti i costi. Non possiamo essere tristi, timidi, introversi: né noi, né i nostri figli. Il corpo può essere davvero un grave limite di fronte agli imperativi imposti dalla nostra società. I farmaci ci possono dare una mano. E le industrie farmaceutiche - alla ricerca di nuovi clienti - sono ben felici di accontentarci. Tra nuove 'malattie' e bisogni indotti, il consumo dei farmaci è oggi profondamente mutato. Con la giornalista Silvia Bencivelli, ne parlano Marco Bobbio ("Rischiare di guarire") e Maurizio Bonati, dell'Istituto Farmacologico Mario Negri di Milano.
English version not available
Italiano
Silvia Bencivelli, medico e giornalista, modera l'incontro con il cardiologo Marco Bobbio e l'epidemiologo Maurizio Bonati. Il tema affrontato è quello del superamento dei limiti del corpo, grazie ai ritrovati della medicina. Il discorso si può estendere però a molti altri campi. La nostra società sta spostando infatti qualunque tipo di limite: dai detersivi che sbiancano sempre di più, alle automobili piene di optional e altro ancora. Il mercato ha la necessità di inventare sempre cose nuove per indurre a comprare. La medicina non è estranea a questo meccanismo, dovendo rispondere anch'essa alle esigenze di mercato, adeguandosi anche ad una richiesta sempre maggiore. La posizione di Bobbio e di Benati è piuttosto critica, sia nei confronti di una medicina che avrebbe lo scopo di curare chi sta male, ma che necessita continuamente di malati, altrimenti il mercato non si espanderebbe, sia nei confronti di chi è sano ma teme di essere malato. Bobbio riesce a trattare argomenti seri anche con una certa ironia. Cita una frase emblematica di un film di Woody Allen: «è meglio essere malati, perché i sani hanno paura di diventarlo». Si genera un circolo vizioso: i progressi ottenuti in medicina hanno dei costi, e per far fronte a questi è necessario indurre dei bisogni nelle persone che non sono malate. Avendo in molti casi superato i limiti del corpo, in quanto sempre più malattie possono essere curate, si è spostata l'attenzione sui problemi della mente. Pur non volendo sminuire attacchi d'ansia o stati depressivi, Bonati ritiene che le cosiddette nuove malattie siano tipiche di una società che sta bene: si è ad esempio riscontrato come la sindrome da affaticamento cronico sia in alcuni individui più acuta in determinati giorni, come il lunedì, piuttosto che in altri. Il tono si fa molto serio quando si affronta la questione dei bambini e degli adolescenti, nei confronti dei quali, secondo Bonati, non c'è sufficiente attenzione. Oggi in Italia ci sono 30.000 giovani in terapia con antidepressivi. Per fortuna sono pochi quelli che necessitano di queste cure per lungo tempo. Si sottovaluta però che i farmaci utilizzati siano gli stessi destinati agli adulti, e quanto spesso gli effetti indesiderati siano maggiori dei benefici. I conti tornano: quando c'è abbondanza di un farmaco sul mercato, si cercano nuovi acquirenti. Sentirsi malati fa vivere nell'incertezza e nell'ansia, ma le cure non sono prive di rischio. Bobbio pone infine la questione di come sia difficile per un medico capire quale sia il limite da non superare, quando le richieste dei pazienti si fanno sempre più complesse. L'allungamento della vita crea l'illusione che non si muoia più e rende quasi impossibile accettare l'idea della morte.