07/09/2008
Eric-Emmanuel Schmitt con Cristina Soffici
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«L'unico momento in cui non ascolto musica è quando scrivo. Perché ho bisogno di silenzio devo 'sentire i personaggi' e con il silenzio mi posso concentrare sulla mia immaginazione e cominciare a immaginarli e quando ciò accade parte la mia scrittura»: il più rappresentato autore teatrale contemporaneo al mondo ("Piccoli crimini coniugali"), filosofo, scrittore, saggista ("La mia storia con Mozart"), melomane, che ha regalato molti dei suoi romanzi al grande schermo ("Monsieur Ibrahm e i fiori del Corano"; "Odette Toulemonde") racconta alla giornalista Caterina Soffici la sua eclettica avventura letteraria, caratterizzata sempre dal piacere di raccontare e dalla passione per la lettura.
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Francese
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Intervista singolare quella proposta da Caterina Soffici e Eric-Emmanuel Schmitt: le domande che gli verranno rivolte sono alcune fra quelle che lui stesso pone ai personaggi dei sui romanzi. Si parte da "La sognatrice di Ostenda", ma è impossibile arginare il godibilissimo flusso di parole, immagini e sensazioni tramite cui l'autore dialoga con il folto pubblico di Cortile della Cavallerizza. Un po' come il suo modo di scrivere, o almeno come quello che per lui è l'ideale di scrittura: «Piacevole, divertente e insieme profondo». Il riferimento ai suoi studi filosofici è spontaneo, così come il rifiuto di una filosofia «riserva di caccia universitaria» mentre esalta quella quotidiana della vita, dei romanzi, del teatro. Si passa al tema della curiosità: «Sono un raro caso di portinaio diventato scrittore», un caso in cui curiosità e immaginazione sono l'ingrediente in più, il mezzo per descrivere il mondo, la vera via della conoscenza. È davvero impressionante come in così poco tempo si possano toccare tanti temi e in modo tanto profondo, come l'uso di verità e bugia: «Ogni verità è invenzione, ogni menzogna un'intima rivelazione»; o il rapporto tra libri e cinema: «Leggere stimola l'immaginazione, il cinema ci colma di essa»; o ancora il rapporto tra testo e lettore: «Io nei miei libri mi ritiro e vi faccio lavorare». La passione per la musica e la consapevolezza di non poter diventare musicista, ma di doversi «accontentare» del mestiere di scrittore sono sempre presenti. Dato però che la sorte l'ha destinato alla scrittura «come un melo fa le mele», l'ultimo consiglio di Schmitt è semplice e d'impatto: «Diventate ciò che siete. Scoprite ciò che siete, e cercate di esserlo. Al massimo».