11/09/2009 - Scintille. Trenta minuti di improvvisa energia
NEW YORK NEGLI OCCHI
2009_09_11_SCINT1930
Da sempre meta d'arrivo degli emigranti europei, New York continua a essere città del desiderio e punto di riferimento per la vita culturale degli Stati Uniti. Uno sguardo sulla Grande Mela di Bruno Cartosio ed Enrico Franceschini.
Finito un libro, ad ogni lettore rimane almeno una domanda. Nelle "scintille" solo domande dal pubblico gli scrittori finalmente rispondono. Mezz'ora totalmente dedicata ad una singola opera: non sono consentite divagazioni né agli autori, né ai lettori.
Finito un libro, ad ogni lettore rimane almeno una domanda. Nelle "scintille" solo domande dal pubblico gli scrittori finalmente rispondono. Mezz'ora totalmente dedicata ad una singola opera: non sono consentite divagazioni né agli autori, né ai lettori.
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Italiano
L'anniversario dell'11 settembre non è un pretesto per parlare di New York: Bruno Cartosio ed Enrico Franceschini raccontano in questa scintilla quella che è la faccia cosmopolita dell'America e la storia di una città multiforme e multietnica che, nell'ultimo secolo o poco più, ha cambiato volto mille volte. Dal nucleo di formazione, tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento di cui tratta il libro "New York e il moderno" di Bruno Cartosio, all'aspetto contemporaneo di Manhattan. Lo sanno bene questi due brillanti autori che a New York ci han vissuto e ne hanno conosciuto gli abitanti e le strade, gli edifici e il cibo. La New York di venticinque anni fa, raccontata da Franceschini nell'ultimo romanzo "Voglio l'America", è una metropoli che non c'è più: un formicaio dall'aspetto sotteraneo e trasgressivo, fatto di ombre e vizi, com'era da sempre, fin dalla sua nascita, raccontata dal capolavoro di Martin Scorsese "Gangs of New York". Una magalopoli complessa, fatta di muri invisibili tra cui gli abitanti sanno muoversi, che oggi ha un volto pulito ma, tuttavia, sempre tosto e duro, voluto dal famoso sindaco Giuliani che, a detta di Cartosio, ha operato malamente e violentemente negli anni '90.
E anche se la darwiniana New York ha perso il suo aspetto rude e l'eccitazione che si provava a viverne il clima pericoloso, ha mantenuto a tutti gli effetti il primato di incarnazione del sogno americano.
«If you make it to New York, you'll make it everywhere» - «Se ce la farete a NY, ce la farete ovunque».
Era una città difficile e pericolosa quella in cui è arrivato ventenne Enrico Franceschini, partito senza soldi, senza nessun punto di contatto e sapendo una sola frase in inglese «The cat is not on the table, the cat is under the table». Ma come racconta nel suo ultimo libro biografico "Voglio l'America", Franceschini è riuscito a coronare il suo sogno diventando giornalista.
Nella tensostruttura di piazza Sordello, nello spazio "Scintille", Enrico Franceschini e Bruno Cartosio intrattengono il pubblico, sempre numerosissimo, con aneddoti, esperienze e analisi della realtà culturale e di immigrazione che era ed è New York. Cartosio, autore di "New York e il moderno", racconta come NY sia un laboratorio che offre la possibilità di fare un cambio sociale. Trent'anni fa era costituita dall'85% di immigrati di cui gli Italiani erano il terzo gruppo più numeroso.
Oggi italiani, irlandesi e tedeschi sono stati sostituiti da gruppi che dividono la città nelle zone cinesi, coreane, portoricane etc. Una persona del pubblico, ricordando come oggi ricorra l'anniversario del fatidico 9/11, chiede come sia cambiata la città. Cartosio risponde che quando si atterra a Newark, costeggiando lo Hudson nella discesa verso l'aeroporto, guardando lo skyline ci si accorge che manca un punto di riferimento.
E anche se la darwiniana New York ha perso il suo aspetto rude e l'eccitazione che si provava a viverne il clima pericoloso, ha mantenuto a tutti gli effetti il primato di incarnazione del sogno americano.
«If you make it to New York, you'll make it everywhere» - «Se ce la farete a NY, ce la farete ovunque».
Era una città difficile e pericolosa quella in cui è arrivato ventenne Enrico Franceschini, partito senza soldi, senza nessun punto di contatto e sapendo una sola frase in inglese «The cat is not on the table, the cat is under the table». Ma come racconta nel suo ultimo libro biografico "Voglio l'America", Franceschini è riuscito a coronare il suo sogno diventando giornalista.
Nella tensostruttura di piazza Sordello, nello spazio "Scintille", Enrico Franceschini e Bruno Cartosio intrattengono il pubblico, sempre numerosissimo, con aneddoti, esperienze e analisi della realtà culturale e di immigrazione che era ed è New York. Cartosio, autore di "New York e il moderno", racconta come NY sia un laboratorio che offre la possibilità di fare un cambio sociale. Trent'anni fa era costituita dall'85% di immigrati di cui gli Italiani erano il terzo gruppo più numeroso.
Oggi italiani, irlandesi e tedeschi sono stati sostituiti da gruppi che dividono la città nelle zone cinesi, coreane, portoricane etc. Una persona del pubblico, ricordando come oggi ricorra l'anniversario del fatidico 9/11, chiede come sia cambiata la città. Cartosio risponde che quando si atterra a Newark, costeggiando lo Hudson nella discesa verso l'aeroporto, guardando lo skyline ci si accorge che manca un punto di riferimento.