10/09/2010 - Voci d'autore del Novecento
DALLA MENSA OLIVETTI
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La cultura come strumento di crescita personale e di emancipazione sociale: questa è l'idea che porta Adriano Olivetti a promuovere all'interno della sua azienda un programma di iniziative culturali a favore dei propri dipendenti. Il Centro Culturale Olivetti dal 1950 al 1964 organizza centinaia tra incontri, concerti, mostre d'arte e conferenze. Alla sera o durante la pausa pranzo, intellettuali come Vittorini, Pasolini, De Filippo, Eco, Musatti e molti altri parlavano di letteratura, teatro, di temi di attualità politica, dando vita a dibattiti accesi e partecipati. Giuseppe Lupo, italianista e curatore di "Civitas Hominum" di Olivetti, racconta quella straordinaria stagione, ad oggi ancora inimitata. Lo intervista il giornalista Luciano Minerva.
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Italiano
Nella piccola chiesa di Santa Maria della Vittoria, Luciano Minerva e Giuseppe Lupo ricordano la figura di Adriano Olivetti, fondatore di un modello aziendale innovativo impostosi durante il Ventennio come alternativa unica (in Italia e non solo) nel sistema industriale e produttivo, capace di durare fino agli anni '50 e d'essere in grado di competere a livello mondiale nel campo elettronico.
Centrali nell'incontro l'invenzione di un accattivante linguaggio pubblicitario, nel 1937, la trasformazione della fabbrica da anonima a «trasparente» (aggettivo architettonico in senso stretto poiché la fabbrica di Ivrea fu costruita in vetro da Figini e Pollini) e altresì simbolico di un'idea di lavoro che appare nell'epoca odierna post-industriale del tutto dimenticata; e infine il concetto utopico di «fabbrica per gli uomini» che vede una stretta connessione tra la comunità e l'ambiente di lavoro. «Olivetti era un matto» affermava Cesare Musatti, e infatti nella sua fabbrica all'avanguardia convivevano esperienza, sperimentazione e creatività, espressa soprattutto dalle idee di architetti, filosofi e poeti chiamati da lui stesso a ricoprire ruoli di responsabilità.
Ma, come si ricorda dal pubblico, l'ultimo e forse più importante vanto dell'esperienza Olivetti riguarda gli operai, quei lavoratori per i quali questo padrone è riuscito a costruire un degno, valido ed altro «modello sociale».
Centrali nell'incontro l'invenzione di un accattivante linguaggio pubblicitario, nel 1937, la trasformazione della fabbrica da anonima a «trasparente» (aggettivo architettonico in senso stretto poiché la fabbrica di Ivrea fu costruita in vetro da Figini e Pollini) e altresì simbolico di un'idea di lavoro che appare nell'epoca odierna post-industriale del tutto dimenticata; e infine il concetto utopico di «fabbrica per gli uomini» che vede una stretta connessione tra la comunità e l'ambiente di lavoro. «Olivetti era un matto» affermava Cesare Musatti, e infatti nella sua fabbrica all'avanguardia convivevano esperienza, sperimentazione e creatività, espressa soprattutto dalle idee di architetti, filosofi e poeti chiamati da lui stesso a ricoprire ruoli di responsabilità.
Ma, come si ricorda dal pubblico, l'ultimo e forse più importante vanto dell'esperienza Olivetti riguarda gli operai, quei lavoratori per i quali questo padrone è riuscito a costruire un degno, valido ed altro «modello sociale».