10/09/2010

QUELLO CHE PORTIAMO IN TAVOLA


2010_09_10_116
Che cosa distingue l'uomo dalla bestia? La cucina. Ma il cammino che ci porta dalla sua invenzione a quella delle stelle della guida Michelin non è affatto rettilineo, né di breve durata. Per capire la cucina e la sua storia bisogna innanzitutto partire dai caratteri elementari, per passare poi agli aspetti sociali, senza trascurare le questioni etiche che oggi si pongono in relazione al cibo. Un confronto condotto dal giornalista Stefano Salis tra Felipe Fernández-Armesto ("La storia del cibo"), storico e antropologo, e Fabio Picchi ("Senza vizi e senza sprechi"), fondatore del ristorante Cibrèo di Firenze.


L'evento 116 ha subito variazioni rispetto a quanto riportato sul programma. Originariamente il suo svolgimento era previsto presso Palazzo D'Arco.
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Italiano
Il giornalista Stefano Salis presenta lo storico Felipe Fernandez-Armesto, autore de "La storia del cibo" e lo chef Fabio Picchi, nella cornice del Chiostro del Museo Diocesano. Le due personalità danno uno spaccato completo, teorico e pratico, sull'evoluzione del cibo sia come alimento che come aggregante sociale. Armesto spiega come mangiare un'ostrica sia l'unico gesto primitivo rimasto all'uomo, in quanto si assapora il cibo così come è, senza manipolazioni. Cucinare il cibo crudo ha permesso la nascita della socializzazione degli ominidi e del loro processo culturale. Racconta anche come le lumache siano state la prima specie allevata dall'uomo, perché di facile gestione. Picchi ci parla di come sia stato influenzato dalla famiglia nella sua passione per la cucina, essendo cresciuto con la madre e il nonno paterno che lavoravano insieme nella gestione della casa. Ritiene che il cibo identifichi in modo forte una cultura, anche se non bisogna dimenticare che ciò che oggi è alimento tradizionale di alcuni paesi, lo è grazie all'apertura degli scambi commerciali con il nuovo mondo. È un forte sostenitore della cultura dell'avanzo in cucina, che permette di progettare piatti nuovi e di fare economia domestica. Alla domanda di uno spettatore se la cucina molecolare abbia un futuro, Armesto non ha dubbi: non è possibile sostituire colori e sapori della cucina tradizionale.

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