08/09/2011

O SI SCRIVE O SI VIVE

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«Un libro è una cosa che c'è quando non ci sei tu. Io non sono previsto assieme al libro, anzi, io devo non esserci: ci deve essere il libro». Apprezzato dalla critica e quasi oggetto di culto per i suoi lettori, Gilberto Severini è scrittore che sa raccontare come pochi l'animo umano: «Io mi occupo d'infelicità, con qualche leggerezza e allegria, e credo che gli scrittori che non si occupano d'infelicità, non siano scrittori (per quel che mi riguarda) di grande interesse». L'autore di "A cosa servono gli amori infelici" e "Congedo ordinario" incontra, in una delle sue poche apparizioni pubbliche, il giornalista Luciano Minerva.
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Oggi nel cortile del castello di san Giorgio il giornalista Luciano Minerva ha intervistato Gilberto Severini, autore di "A cosa servono gli amore infelici", "Congedo ordinario", concentrandosi sugli elementi portanti del suo stile. 
Severini inizia spiegando i temi ricorrenti all'interno delle sue opere: la presenza di riti funebri, l'accettazione della morte, l'omosessualità, l'invecchiare e la conseguente perdita della giovinezza. Scrive in ambientazioni provinciali per imitare i romanzi degli anni '40 e '50, epoca in cui le persone 'sapevano sentire' maggiormente rispetto agli 'anni della televisione'. Altra caratteristica importante è l'ironia nel momento in cui si tratta di argomenti molto seri: la morte, ad esempio, è definita dall'autore un tema che deve essere affrontato, ma con un giusto riguardo nell'utilizzo. I testi di questo autore devono essere quindi esaminati nel profondo perché presentano sempre frasi e aforismi dai molteplici significati.

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