09/09/2011

VENTO DELL'EST

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«Come è possibile oggi il romanzo, visto che ci è negato il tragico. Come è possibile persino il pensiero del romanzo, visto che manca il sublime. Visto che esiste soltanto il quotidiano, con tutta la sua prevedibilità o ancora peggio con l'insopportabile mistero di devastanti casualità. Il quotidiano nella sua mediocrità, solo qui traspare il tragico e il sublime. Nella mediocrità del quotidiano». Considerato uno dei più importanti scrittori bulgari, Georgi Gospodinov ("Romanzo naturale") ci offre insieme al romeno Lucian Dan Teodorovici ("La casta dei suicidi"), inserito nel libro Best European Fiction 2011, una visione sicuramente ricca e vivace della letteratura dell'est Europa. Modera l'incontro la giornalista Marilia Piccone.

Con il contributo dell'Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia.
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Che ragioni stanno dietro l'endemica emarginazione di letterature come quella bulgara e quella rumena? Provano a rispondere a questo quesito autori come Georgi Gospodinov e Lucian Dan Teodorovic, rispettivamente per la Bulgaria e la Romania, in una conferenza dal titolo "Vento dell'est", moderata dalla giornalista Marilia Piccone; l'incontro è avvenuto nella suggestiva Chiesa di Santa Maria della Vittoria: una risposta non scontata è che è difficile essere autori in questi Paesi dal recente passato traumatico, e quindi in parte volutamente rimosso, soprattutto quando in Occidente è arrivata ed è stata assimilata una sola grande tradizione letteraria come quella russa, che certo non ha bisogno di emergere. Tuttavia, è proprio la singola esperienza traumatica, vissuta in prima persona e senza mediazioni di tipo collettivo, cioè lasciando fuori gli eventi della grande Storia recente, che chiede di essere raccontata e riconosciuta: un punto di forza è proprio il fatto che, partendo da zero, non si ha proprio nulla da perdere e che le possibiltà di sperimentazione si moltiplicano esponenzialmente. Il rifiuto di ogni logica narrativa di tipo simbolico e metaforico ricalca da vicino il bisogno di arrivare diritti al cuore del problema, ovvero dell'elaborazione del grande trauma che ognuno, singolarmente, ha vissuto sulla propria pelle.

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