11/09/2011

IL PENSIERO DI DIO

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Oggi non solo il parlare, ma lo stesso pensare Dio, è diventato quasi impossibile, soprattutto se non si vuole parlare di Dio e pensare Dio contro, o a prescindere, dal mondo. Secondo il teologo Vito Mancuso, oggi un pensiero del divino si esercita solo in contrapposizione al mondo o come fuga da esso, cercando in Dio un rifugio consolatorio, assolutamente altro dalla realtà in cui viviamo quotidianamente. Tornare a pensare insieme a Dio e al mondo in un orizzonte di responsabilità, per l'autore di "Io e Dio" è possibile solo ritrovando in noi stessi la sete di giustizia. Lo incontra il giornalista Gad Lerner.
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Con il suo ultimo libro, "Io e Dio", Vito Mancuso sfida la visione dogmatica della teologia. La fede del teologo prende le distanze dai misteri, al plurale, codificati dall'ortodossia cattolica. Non è allora un caso che a intervistarlo sia stato scelto Gad Lerner. Centrale nella religione ebraica è infatti l'interpretazione costante della "Torah", non l'invito a sottomettere l'intelligenza alla schiacciante superiorità di Dio.
Per Mancuso, la «presa di coscienza dell'armonia che ci intesse è quanto più s'avvicina alla comprensione di Dio», tanto da rendere accettabile il dolore che frantuma l'esistenza dell'uomo. «Il fondamento della vita spirituale è la sincerità», dice Mancuso. Pur riaffermando di non voler uscire dall'alveo della religione cattolica, il teologo arriva a sostenere la necessità di intendere «il principio salvifico come principio creativo, sciolto dal sangue innocente della crocefissione e dalla redenzione dei peccati». Non è certo intenzione di Mancuso negare la morte e resurrezione del Cristo, ma neppure abbandonare l'idea per cui «nulla di storico, avvenuto nel tempo e nello spazio, può essere il pegno della salvezza». Le riflessioni del teologo suscitano più volte l'applauso del pubblico, stregato dalle sue idee o, forse, stanco di quella chiesa che ha fatto di Dio un'arma politica.

Quale è il nostro rapporto con Dio? Come ci rapportiamo al mondo che ci circonda e alle cose che accadono? Con quale spirito affrontiamo la realtà? Sono solo alcune delle domande che probabilmente ci poniamo tutti. Con una certa ambizione, ma sicuramente senza malizia, Vito Mancuso si propone nel suo ultimo libro, "Io e Dio", di scrivere una vera e propria teologia fondamentale. Fondamentale nel senso che si propone di dare fondamenti, indicazioni di base, che ognuno poi andrà ad approfondire o, come scherzosamente dice Gad Lerner, andrà a leggere nel prossimo libro del teologo. La condizione umana è sempre quella da millenni: siamo circondati dal bello, ogni cosa è armonia, la vita stessa è armonia, ma saremo sempre soggetti a fratture. È un ottimismo drammatico, quindi, che pervade l'opera dell'autore. Lo confortano in questo i filosofi, i pensatori, gli scienziati a lui più cari: su tutti Albert Schweitzer (premio nobel per la pace nel 1952) ed Emmanuel Kant, ma anche Bobbio e Primo Levi. Il libro di Mancuso è pieno di citazioni di questi grandi del pensiero umano. Da tutto questo nascono davvero alcune certezze, come il fatto che la sincerità deve essere il fondamento della vita spirituale. Oppure che dobbiamo avere la consapevolezza del mistero, di essere completamente immersi in esso. Questa percezione del mistero è importante anche per capire e classificare le problematiche legate alla comprensione di sé. Esiste la religione e la religiosità, ed esistono persone che non hanno nulla di tutto ciò, oppure vivono nella religiosità senza religione, nella religiosità con la religione o, infine, solo con la religione. Ma il Dio della tradizione, quello degli eserciti, non può tornare, la sottomissione della ragione alla religione non ci dovrà più essere. Di contro, abbiamo un ritorno del sentimento verso Dio, abbandonato negli anni Settanta. Ora il mondo ha ripreso a essere religiosamente orientato e bisogna che ce ne facciamo una ragione. L'importante è che l'uomo non scelga appunto il Dio vendicatore dell'Antico testamento. In un certo senso, sostiene Mancuso, abbiamo sì bisogno delle istituzioni, della Bibbia, dei canoni della chiesa, dell'apparato ecclesiastico, ma dobbiamo mettere al primo posto la profondità dell'animo, la libertà del pensiero. Dobbiamo dire di sì alla vita, dobbiamo fare un atto di fede espressione della nostra libertà. Nell'ebraismo, come spiega Lerner, abbiamo un dialogo molto libero con Dio, compreso qualche furibondo litigio. Proprio la reciproca fecondazione tra le varie religioni non può che fare crescere sentimenti importanti. Tra le moltissime cose dette, o solo accennate, da Mancuso e Lerner, il punto di partenza importante è questo: praticare la giustizia, amare la bontà e comunicare liberamente con Dio.

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