Chi ha detto che immaginari dark e supereroi siano i soli ingredienti di una buona graphic novel? L'arte di Paco Roca è l'esatta dimostrazione di come questo genere narrativo, entrato a pieno diritto nella 'letteratura alta', abbia smentito i facili cliché dei suoi detrattori e stia godendo di una straordinaria vitalità. Basta osservare la maestria con cui l'artista spagnolo ricostruisce le brutture del regime franchista ne "L'inverno del disegnatore", o la delicatezza con cui racconta il viaggio di un malato di Alzheimer in "Rughe", per capire che non ci troviamo di fronte a un semplice vignettista, ma a un autentico poeta dell'immagine. Lo presenta Fabio Geda ("Nel mare ci sono i coccodrilli").
L'evento 270 ha subito variazioni rispetto a quanto riportato sul programma. Originariamente il suo svolgimento era previsto presso l'Aula Magna dell'Università.
La prima impressione che si ha del fumettista spagnolo Paco Roca è quella di un artista solitario. Cresciuto a suon di pagine sfogliate di nascosto durante le partite di calcio giocate dai suoi coetanei, Roca aveva mito non tanto del supereroe in 'carta e ossa', ma proprio del fumettista. Attraverso una breve ricostruzione della storia del fumetto, dagli anni Cinquanta agli Ottanta, Roca, assieme a Fabio Geda, traccia le differenze tra il 'comic', tradizionalmente inteso, e la 'graphic novel', ormai imperante nel mondo dei disegni su carta. La ieraticità, talvolta stucchevole, e la prevedibilità di molti fumetti 'datati', quali Tin Tin o Dylan Dog, i cui personaggi sono statici e immutati nel tempo e le storie sono autoconclusive, si contrappongono al dinamismo e alla non-ripetitività della 'graphic novel'. 'Novel' significa letteralmente 'romanzo': dunque il passaggio da 'comic' a 'graphic novel' non è semplicemente un cambio di nome, ma di significato. Anche il fumetto, in conclusione, assurge allo stato di romanzo.