06/09/2012
POESIA FILOSOFICA
2012_09_06_043
In psichiatria il termine disordine viene utilizzato per definire una serie rilevante di disturbi comportamentali, e dunque l'alterazione di una situazione di normalità. Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoterapeuta, si avvicina alla poesia nell'esigenza di ritrovare l'ordine e la stabilità che raramente trova nella sua prassi terapeutica abituale. Con un'ironia filosofica e una leggerezza sabiana del verso, Lingiardi guarda alla quotidianità dei sentimenti e alla naturalezza della carne senza cercare di restituire un senso, ma piuttosto riconciliandosi con la varietà e l'asimmetria dell'essere. Incontra l'autore di "La confusione è precisa in amore" Silvia Ronchey.
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Italiano
«Questo libro è il mio secondo outing»: in questa ironica ma forte affermazione di Vittorio Lingiardi troviamo tutta la sua vena caratteristica, quell'urgenza di scrivere e di arrestare il disordine che ha dato luogo alla raccolta di poesie intitolata "La confusione è precisa in amore".
L'incontro con l'autore, orchestrato magistralmente da Silvia Ronchey, è avvenuto forse non per caso nell'intima cornice della Chiesa di Santa Maria della Vittoria. Un ambiente ideale per parlare di quei versi terapeutici che in ben trent'anni (dal 1982 a oggi) hanno consolato l'anima di un poeta in divenire e che adesso sono donati alle mani dei lettori.
Esistono molte opinioni su cosa sia davvero la poesia, ma sembra condivisa l'idea che essa aiuti a dare un nome e una forma agli eventi quotidiani i quali, altrimenti, passerebbero sopra di noi lasciandosi dimenticare. Silvia Ronchey ha sottolineato che la scrittura di Lingiardi accoglie, come spesso accade, echi e risonanze più o meno espliciti di altri autori, da Saffo ad Alceo a Elsa Morante. Il testo riesce a creare così un ritmo ricco di richiami, costituito da quell'unione magica tra parole e silenzio. Queste poesie nascono da un grande dolore, quello della perdita della madre, ma passano attraverso tutta una vita e riescono ad andare oltre la definizione di tematiche come la fede (che manca), l'omosessualtà, l'etica, la filosofia: il risultato è un insieme di «poesie innanzitutto sull'amore».
Quello di Lingiardi è un percorso particolare: di professione psichiatra e psicoterapeuta, non può dirsi semplicemente prestato alla poesia. I due ambiti sembrano inscindibili perché, come sosteneva il suo collega James Hillman, «la mente ha una base poetica». Ecco perché nel testo si trovano citate molte parti del corpo che hanno valenza in quanto tali, salvo il cuore che ha dimensione metaforica; ecco perché quella brevità fulminea del frammento; ecco perché quel ricorso a diverse voci: chi è abituato a esplorare la mente d'altri, quando ha a che fare con la propria riesce a coglierne solo alcuni pezzi e necessita anch'egli di aiuto. Chi o cosa può fare ciò meglio della poesia?
Séamus Heaney, poeta irlandese premio Nobel e altro ospite illustre di quest'anno, ha sostenuto che nel provare una forte emozione risulta del tutto inutile tentare di soffermarcisi tentando di razionalizzarla: la si perderebbe. Salvo poi tentare di riviverla attraverso la poesia, in grado di catapultarci in una dimensione non materiale e quasi sacrale che ci permette di conservarla, quell'emozione. La poesia allora può aiutare a capire, a prendere decisioni, a ritrovare suggestioni che si credevano perdute, e resta uno spazio privilegiato, una sorta di limbo del cuore fuori dal quale, come avrebbe detto Elsa Morante, non v'è eliso.
L'incontro con l'autore, orchestrato magistralmente da Silvia Ronchey, è avvenuto forse non per caso nell'intima cornice della Chiesa di Santa Maria della Vittoria. Un ambiente ideale per parlare di quei versi terapeutici che in ben trent'anni (dal 1982 a oggi) hanno consolato l'anima di un poeta in divenire e che adesso sono donati alle mani dei lettori.
Esistono molte opinioni su cosa sia davvero la poesia, ma sembra condivisa l'idea che essa aiuti a dare un nome e una forma agli eventi quotidiani i quali, altrimenti, passerebbero sopra di noi lasciandosi dimenticare. Silvia Ronchey ha sottolineato che la scrittura di Lingiardi accoglie, come spesso accade, echi e risonanze più o meno espliciti di altri autori, da Saffo ad Alceo a Elsa Morante. Il testo riesce a creare così un ritmo ricco di richiami, costituito da quell'unione magica tra parole e silenzio. Queste poesie nascono da un grande dolore, quello della perdita della madre, ma passano attraverso tutta una vita e riescono ad andare oltre la definizione di tematiche come la fede (che manca), l'omosessualtà, l'etica, la filosofia: il risultato è un insieme di «poesie innanzitutto sull'amore».
Quello di Lingiardi è un percorso particolare: di professione psichiatra e psicoterapeuta, non può dirsi semplicemente prestato alla poesia. I due ambiti sembrano inscindibili perché, come sosteneva il suo collega James Hillman, «la mente ha una base poetica». Ecco perché nel testo si trovano citate molte parti del corpo che hanno valenza in quanto tali, salvo il cuore che ha dimensione metaforica; ecco perché quella brevità fulminea del frammento; ecco perché quel ricorso a diverse voci: chi è abituato a esplorare la mente d'altri, quando ha a che fare con la propria riesce a coglierne solo alcuni pezzi e necessita anch'egli di aiuto. Chi o cosa può fare ciò meglio della poesia?
Séamus Heaney, poeta irlandese premio Nobel e altro ospite illustre di quest'anno, ha sostenuto che nel provare una forte emozione risulta del tutto inutile tentare di soffermarcisi tentando di razionalizzarla: la si perderebbe. Salvo poi tentare di riviverla attraverso la poesia, in grado di catapultarci in una dimensione non materiale e quasi sacrale che ci permette di conservarla, quell'emozione. La poesia allora può aiutare a capire, a prendere decisioni, a ritrovare suggestioni che si credevano perdute, e resta uno spazio privilegiato, una sorta di limbo del cuore fuori dal quale, come avrebbe detto Elsa Morante, non v'è eliso.