07/09/2012
VICISSITUDINI DEL DESIDERIO
2012_09_07_111
«Una sedia a rotelle fatta viaggiare a una velocità ingovernabile: Lacan ha proposto un'immagine alla Hitchcock per raffigurare un'economia che già negli anni Settanta considerava destinata fatalmente a scoppiare. Non parlava certo da economista e in più era un liberale conservatore, eppure sul 'discorso del capitalista' è stato di una chiaroveggenza speciale. Perché ne coglieva la dimensione 'pulsionale' con il trionfo del narcisismo e il culto dell'homo felix impegnato nella ricerca del proprio benessere individuale. Qualcosa di 'folle', di 'infernale', di 'insostenibile'». Partendo dalla lezione di Lacan, Massimo Recalcati individua nella trasformazione del desiderio una chiave interpretativa fondamentale per leggere la società contemporanea. La spinta al godimento senza limiti propria del nostro tempo - secondo l'autore di Ritratti del desiderio - travolge l'idea stessa di comunità e mette in crisi i legami sociali.
Lo incontra Cristina Faccincani, autrice di Alle radici del simbolico.
Lo incontra Cristina Faccincani, autrice di Alle radici del simbolico.
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Italiano
Un desiderio è qualcosa di complesso, di contraddittorio. Appartiene all'essere umano, ma è allo stesso tempo un corpo estraneo, che fa parte dell'inconscio e non dell'Io. Desiderare può rendere schiavi del consumismo che dilaga nella società contemporanea, ma può allo stesso modo sottrarre dai meccanismi alienanti, da quel bisogno di "normalità" che è un po' la malattia dei nostri giorni. Massimo Recalcati comincia il suo discorso citando Giulio Cesare e l'etimologia della parola desiderio: viene da 'desiderantes', ossia i guerrieri che, dopo la battaglia, aspettavano il ritorno dei loro compagni contemplando il cielo stellato. Il de- privativo di fronte alla parola sidera, indica l'assenza di certezza, di una stella che faccia da guida. Quando desideriamo siamo coscienti che le nostre speranze potrebbero rimanere tali. E questa è un'altra delle contraddizioni del desiderio: caratterizza l'uomo, ma non può essere controllato. Identifica, ma non si sa dove condurrà. È qualcosa di più grande. Ci si può domandare quali siano gli oggetti del desiderio. Lacan (più volte citato da Recalcati) ne elenca diversi. Anzitutto ciò che possiedono gli altri, forma piuttosto infantile nella quale un oggetto assume valore solo perché apparentemente lontano e irraggiungibile. L'erba del vicino è sempre più verde, per dirla con un proverbio. Ma il desiderio umano, quello che distingue l'uomo dagli animali, è diverso. È desiderio dell'altro. Di sentire di avere un posto, un valore, nei pensieri altrui, nella società. Esiste poi il desiderio d'altro, inteso come mancanza di appagamento nell'accumulo ossessivo e compulsivo di oggetti, il meccanismo alla base delle più recenti strategie di mercato, che portano a valutare come imprescindibile l'acquisto del nuovo tablet o del nuovo smartphone. Va considerato poi quello che Lacan chiama il desiderio d'altra cosa, quello che scaturisce in situazioni di indignazione, in cui vogliamo fortemente cambiare qualcosa. Recalcati porta l'esempio di due esperienze molto distanti tra loro, ma che rientrano in questo tipo di desiderare. La preghiera e la rivolta. In entrambe è presente la volontà di cambiamento, la speranza, la possibilità del fallimento. C'è qualcosa di nobile e romantico in tutto questo. Si persegue una causa che porta all'annullamento dell'Io, in cui potremmo perderci, ma sarebbe un peccato troppo grande non correre il rischio. I rimpianti per aver abbandonato la propria strada lasciano cicatrici immense nella psiche. Pertanto l'autore esorta il pubblico a lasciare che sia questa componente misteriosa del nostro essere a guidarci, cercando di non perderci o di farci disarcionare da questo magnifico destriero, che non sempre riusciamo a domare.